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Matt Duffin (mr. answers)
faccio la cacca gialla, come i neonati. Ho un intolleranza al latte, ma continuo a berlo, tanto per confermare la regola che quello che ci piace ci uccide. Quindi sto piegato in due sulla tazza del cesso, maledicendo la centrale del latte, e le vacche anche. E pure te. Al telefono avevi la voce di Tito Stagno durante lo sbarco sulla luna, ma senza occhiali. Lontana. Mi hai chiesto quando uscirà il nuovo libro, che poi è un modo elegante per capire quando beccherai parte dei soldi che ti devo, e io da dietro l'oblò, con un riflesso di luna sul vetro ti saluto con la mano e ti dico che non lo so, poi sorridendo ti indico Armstrong, ma tu hai già riattaccato. Mi ricordo invece della volta che al telefono mi hai chiesto di sposarti, e tu non te ne sei accorta, ma io mi ero pisciato addosso, come un cane. Ho smesso di scrivere un po di tempo fa, quasi senza accorgermene, certe cose ti accompagnano per un po, poi mollano gli ormeggi e scivolano nell'acqua. Non te ne accorgi finchè non ti senti le mani fredde. Scrivere non mi piaceva in fondo, era come ingoiare, o menarselo. Ne avevo bisogno, che a casa mia è un altra cosa. Io sono nato nell'anno dello sbarco sulla luna. Poi qualcuno mi ha detto che non c'è stato nessuno sbarco, tutta una finta. Era come quello scherzo di Orson Welles sugli alieni. Solo che li nessuno ha detto "scherzetto!" Avevo immaginato mio padre con un orecchio incollato alla radio in attesa del primo passo nel cosmo, e l'uccello dentro mia madre con la parannanza alzata sulla schiena e il culo bene in vista, che dello sbarco a lei non gliene fregava un cazzo, però voleva un figlio a tutti i costi, magari scrittore. No, avvocato. Anzi, meglio medico. Ma non c'è stato nessuno sbarco, e io non ce li ho quei soldi, volevo dirtelo, e non c'è nessun nuovo libro. Vorrei anche dirti che io non scriverò mai più, e saperlo mi da un grande conforto, che scrivere è come inciampare ogni giorno nello stesso posto. E comunque, Tito Stagno aveva gli occhiali.