via mercadalli, 23
"Amo guardare i treni. Il rapido per Trieste è un modello un po' vecchio, ma è tra i migliori mai costruiti, affidabile, solido. Dopo 25 anni è ancora in servizio. Le porte si aprono con uno sbuffo di aria compressa. Dopo un attesa eterna di mezzo secondo, cominciano a scendere, portandosi appresso quell'odore di fiati e plastica. Poi si mischiano, e li guardo abbracciarsi, tutti. Poi corro al binario Ventidue, tra dieci minuti parte il diretto da Verona."
appoggio il paio di orecchini sul bancone. Poi mi ricordo che mio padre diceva che due sole cose non cambiano negli uomini, gli occhi e la voce. Il bilancino dice 24 grammi, l'uomo dietro gli occhiali a mezzaluna dice "venticinquemila lire". E in quel preciso momento so chi è. "Ma ci sono anche le perle..." "plastica. Venticinquemila lire."
Lunedì, ore 12:00
fa sempre lo stesso tragitto per tornare a casa, abbassa la serranda del "compro e vendo oro" a mezzogiorno in punto. Poi sale a piedi verso via dei Catenari, zoppica un poco dalla gamba sinistra, forse zoppicava anche allora. Mi fermo al banco delle cozze crude e ne mangio tre con il limone, mentre lui parla con l'uomo dell'edicola. Svolta l'angolo di Piazza Sarli e si dirige verso le case basse dei lotti popolari. Forse non sente i passi, ma vede l'ombra lunga scavalcarlo appena prima del portone. Gli chiedo l'ora, china la testa calva verso l'orologio da tasca. La linea rossa lo solca come vernice, mentre lui rovescia gli occhi all'indietro. Non mi ha visto nessuno, la serratura del cofano posteriore è difettosa, speriamo che regga.
Lunedì, ore 15:30
aspetto che si svegli, gli do da mangiare, non mi chiede nulla, solo dell'acqua. ha le braccia legate alla spalliera della sedia, dietro la schiena. Ci guardiamo in silenzio per un po', non mi chiede chi sono. Riempio una bacinella e metto il sapone su un pennello, apro il rasoio con il manico d'osso e lo rado. Gli faccio per sbaglio un piccolo taglio vicino all'orecchio, che cauterizzo con la pietra emostatica, gli tolgo il fazzoletto intorno al collo e gli passo il dopobarba. Con i bottoni che ha incastrati a forza nelle orbite Mi guarda i polsi scoperti, e in quel preciso istante, sa chi sono. Allora, faccio quello che devo fare.
Mercoledì, Ore 8:30
mentre infilo una gamba nel sacco nero dell'immondizia, mi suonano alla porta. Mi tolgo l'incerata e controllo se ho schizzi di sangue addosso. Dallo spioncino la faccia di Pedrazzi dell'interno otto, appare deformata come al gioco degli specchi. Apro. "Buongiorno Pedrazzi, se è per la rata del condominio, passo domani mattina, in questi giorni ho avuto un po da fare" "Ma no professò, non ha saputo niente lei? hanno ammazzato De Rienzi, Lo storpio della scala B. Pare che che facesse lo strozzino, hai capito er gobbo. Lo hanno trovato impiccato con la cinghia dei pantaloni nella tromba delle scale, e nessuno ha sentito niente. Tutti sordi la, il più giovane ne avrà ottantatrè..." "Pedrazzi, io ne ho ottantasei, e ci sento benissimo, ci vediamo domattina per la rata". La testa è ancora appoggiata sul calorifero, e mi fissa. Lo guardo anche io, mentre sego in due un braccio e lo infilo nel sacco.
L'ascensore del condominio di via Mercadalli 23, andava con le dieci lire. E il commissario Tozzi non ce le aveva le dieci lire. Quindi all'ottava porta suonata, gli giravano i coglioni, e aveva il fiatone, e gli tornava su la cena di Camilla. E quindi se la prendeva con Riganò, che era un bravo ragazzo, ma era pure appuntato e quindi addetto ai cazziatoni. "Riganò, te non puoi guardare i culi delle donne a cui facciamo delle domande, lo voi capì o no?" "a commissà, tanto so girate de spalle, che ne sanno?" Si erano già beccati due "vaffanculo" e sei "Non compro niente grazie". Era sempre stato il suo cruccio, avere la faccia da venditore di enciclopedie, e il distintivo. "Bussa va' "
Mercoledì, Ore 9:30
stavolta bussano, tre colpi secchi. Appoggio l'occhio sull'ottone freddo e vedo due venditori di enciclopedie "Non mi serve nulla, grazie..." "Signor Segre, sono il commissario Tozzi, polizia. Avremmo bisogno di farle qualche domanda". Se entrano in bagno sono finito, c'è sangue anche sul soffitto, e una testa sul calorifero, sarebbe difficile spiegare, temo. Qualcuno deve aver sentito qualcosa, malgrado lo straccio in bocca, il maiale ha gridato, sicuramente Pedrazzi, impiccione di merda. Offro caffè e ciambellone, stavolta l'ho fatto con meno burro, ne mangiano quattro fette, e mi fanno poche domande, con la bocca sporca di molliche. Gli dico che conoscevo De Rienzi, e che mi aveva prestato dei soldi sei anni fa, con un interesse del trecento per cento. "Mi servivano per il funerale di mia moglie, le banche non fanno prestiti ai vecchi, lo sapeva?". Aggiungo anche che per impiccarlo sulla tromba delle scale, avrei dovuto avere qualche anno di meno, almeno quaranta, troppi. Mi guarda le braccia e vede il codice a barre. Conosco quello sguardo, commissario, e infatti lo abbassa verso il caffè. Gli chiudo la porta alle spalle, e apro la boccia dell'ammoniaca. Guardo la testa e gli dico "diamo una pulita, che ne pensi?" mi pare che abbia annuito.
Mercoledì, ore 17:00
esco con la valigia. Sul pianerottolo la signora Dal Prà apre lentamente la porta. Ha una volpe morta sul collo, e la volpe ha una gran voglia di parlare "ha saputo?, hanno arrestato l'amministratore, sa per la storia di De Rienzi. Si era giocato le ultime rate dei condomini alle corse dei cani, De Rienzi gli ha fatto un prestito, e poi ha cominciato a ricattarlo, e quello lo ha fatto fuori ". In ascensore l'odore di naftalina e quello del profumo mi danno la nausea. Le dieci lire scendono, e l'ascensore parte. Al portone mi viene in contro il venditore di enciclopedie. "Buona sera commissario, ho saputo che avete risolto il caso.."
C'era voluto poco in effetti, la moglie dell'amministratore aveva vuotato il sacco durante il caffè, in lacrime. E poi lui, non aveva più la cinta dei pantaloni. Al commissario tozzi Il fax dal sedicesimo commissariato era arrivato nel pomeriggio, proprio mentre stava per pigliare sonno con lo schienale appoggiato alla parete, e quindi gli giravano i coglioni. Da due giorni era scomparso nel nulla tale Terlizzi Alberto, anni 83, professione orefice in Via dei Catenari. Dalle perquisizioni era saltato fuori un fatto curioso, sto' Terlizzi aveva documenti falsi. In realtà Si chiamava Karl Albert Kugelmann, tenente delle SS a Birkenau, detto il "Dentista". Al processo di Norimberga lo aspettavano a braccia aperte, ma Kugelman è uno dei tanti carnefici che con l'aiuto del vaticano si era lavato le braghe in Argentina, e che aveva pagato i preti con i denti d'oro dei morti. Alla fine degli anni sessanta era venuto in Italia, e si era messo a fare l'orefice. Allora Tozzi aveva sguinzagliato Riganò e aveva provato a dormire di nuovo. Alle quattro e venti Riganò era entrato senza bussare mentre Tozzi sognava a scatti, e gli aveva fatto prendere un colpo, quindi, dopo averlo mandato a fare in culo scoprì che Segre non se la passava bene, facendo spesso visita al banco dei pegni. Era stato visto diverse volte uscire anche dal negozio di via dei Catenari. E poi, era sopravvissuto a Birkenau, quindi, si ricordò dei numeri sul braccio e anche del ciambellone. Poi Riganò aggiunse: "A commissà, stò Segre è strano, due giorni fa ha comprato dal ferramenta all'angolo una sega a ferro, sei bocce di ammoniaca, e due rotoli di sacchi dell'immondizia grandi, una incerata, delle galosce, e tre paia di guanti di gomma, e dubito che gli si sia otturata la tazza del cesso" Di dormire ormai, non se ne parlava proprio. Al portone di via Mercadalli se lo trovò davanti insieme a una valigia. "Signor Segre, siamo di partenza? Venga che le offro un caffè, dobbiamo fare due chiacchere credo"
Mercoledì, ore 17:05
"appena scesi dal carro bestiame, tengo mio fratello per mano, e l'uomo del compro e vendo oro ha un berretto, le nocche strette intorno a un cuoio e una croce uncinata in mezzo ai polmoni. Ci sono tre cani lupo che sbavavano nel fango. La mano di mio fratello stringe la mia, mentre un soldato lo strattona per portarlo nella fila accanto, quella con le donne i bambini e i malati. Mio fratello ha la polio e il suo passo è un inciampo. Sul treno mi hanno detto che i più deboli li fucilano. Calò, che siamo cresciuti insieme, che sa più cose di tutti, dice che invece li soffocano con il gas. Mio fratello piange e non molla la presa, io pianto le unghie nella sua camicia. L'uomo del compro e vendo oro mi colpisce con il cuoio sulla faccia, lascio la mano. In ginocchio gli dico di prendere me, che lui ha dieci anni di meno. Prendere me, prendere me. L'uomo del compro e vendo oro tira fuori la pistola dalla fondina e mi dice di sparare al mio amico, che se lo ammazzo mio fratello vive. Due scheletri con l'elmo in testa lo tengono in ginocchio in mezzo ai binari. Mi avvicino, mentre guardo mio fratello, Calò piange come un bambino. Io gli dico di non guardare. E la mia mano non trema. Poi mi viene il vomito. "Saresti stato un bravo soldato, ebreo." mi dice l'uomo del compro e vendo oro. Poi, fa portare via mio fratello."
ore 19:00
Ha pagato il caffè è mi ha lasciato andare. Spingo la valigia fino al ciglio della cava di tufo. Poi, Scivola giù, nella conca della discarica. Nel tonfo molle, una nuvola di gabbiani di carta si alza, per vedere se la morte si mangia.
"amo guardare i treni, perché adesso, tutti quelli che vedo partire tornano pieni."
appoggio il paio di orecchini sul bancone. Poi mi ricordo che mio padre diceva che due sole cose non cambiano negli uomini, gli occhi e la voce. Il bilancino dice 24 grammi, l'uomo dietro gli occhiali a mezzaluna dice "venticinquemila lire". E in quel preciso momento so chi è. "Ma ci sono anche le perle..." "plastica. Venticinquemila lire."
Lunedì, ore 12:00
fa sempre lo stesso tragitto per tornare a casa, abbassa la serranda del "compro e vendo oro" a mezzogiorno in punto. Poi sale a piedi verso via dei Catenari, zoppica un poco dalla gamba sinistra, forse zoppicava anche allora. Mi fermo al banco delle cozze crude e ne mangio tre con il limone, mentre lui parla con l'uomo dell'edicola. Svolta l'angolo di Piazza Sarli e si dirige verso le case basse dei lotti popolari. Forse non sente i passi, ma vede l'ombra lunga scavalcarlo appena prima del portone. Gli chiedo l'ora, china la testa calva verso l'orologio da tasca. La linea rossa lo solca come vernice, mentre lui rovescia gli occhi all'indietro. Non mi ha visto nessuno, la serratura del cofano posteriore è difettosa, speriamo che regga.
Lunedì, ore 15:30
aspetto che si svegli, gli do da mangiare, non mi chiede nulla, solo dell'acqua. ha le braccia legate alla spalliera della sedia, dietro la schiena. Ci guardiamo in silenzio per un po', non mi chiede chi sono. Riempio una bacinella e metto il sapone su un pennello, apro il rasoio con il manico d'osso e lo rado. Gli faccio per sbaglio un piccolo taglio vicino all'orecchio, che cauterizzo con la pietra emostatica, gli tolgo il fazzoletto intorno al collo e gli passo il dopobarba. Con i bottoni che ha incastrati a forza nelle orbite Mi guarda i polsi scoperti, e in quel preciso istante, sa chi sono. Allora, faccio quello che devo fare.
Mercoledì, Ore 8:30
mentre infilo una gamba nel sacco nero dell'immondizia, mi suonano alla porta. Mi tolgo l'incerata e controllo se ho schizzi di sangue addosso. Dallo spioncino la faccia di Pedrazzi dell'interno otto, appare deformata come al gioco degli specchi. Apro. "Buongiorno Pedrazzi, se è per la rata del condominio, passo domani mattina, in questi giorni ho avuto un po da fare" "Ma no professò, non ha saputo niente lei? hanno ammazzato De Rienzi, Lo storpio della scala B. Pare che che facesse lo strozzino, hai capito er gobbo. Lo hanno trovato impiccato con la cinghia dei pantaloni nella tromba delle scale, e nessuno ha sentito niente. Tutti sordi la, il più giovane ne avrà ottantatrè..." "Pedrazzi, io ne ho ottantasei, e ci sento benissimo, ci vediamo domattina per la rata". La testa è ancora appoggiata sul calorifero, e mi fissa. Lo guardo anche io, mentre sego in due un braccio e lo infilo nel sacco.
L'ascensore del condominio di via Mercadalli 23, andava con le dieci lire. E il commissario Tozzi non ce le aveva le dieci lire. Quindi all'ottava porta suonata, gli giravano i coglioni, e aveva il fiatone, e gli tornava su la cena di Camilla. E quindi se la prendeva con Riganò, che era un bravo ragazzo, ma era pure appuntato e quindi addetto ai cazziatoni. "Riganò, te non puoi guardare i culi delle donne a cui facciamo delle domande, lo voi capì o no?" "a commissà, tanto so girate de spalle, che ne sanno?" Si erano già beccati due "vaffanculo" e sei "Non compro niente grazie". Era sempre stato il suo cruccio, avere la faccia da venditore di enciclopedie, e il distintivo. "Bussa va' "
Mercoledì, Ore 9:30
stavolta bussano, tre colpi secchi. Appoggio l'occhio sull'ottone freddo e vedo due venditori di enciclopedie "Non mi serve nulla, grazie..." "Signor Segre, sono il commissario Tozzi, polizia. Avremmo bisogno di farle qualche domanda". Se entrano in bagno sono finito, c'è sangue anche sul soffitto, e una testa sul calorifero, sarebbe difficile spiegare, temo. Qualcuno deve aver sentito qualcosa, malgrado lo straccio in bocca, il maiale ha gridato, sicuramente Pedrazzi, impiccione di merda. Offro caffè e ciambellone, stavolta l'ho fatto con meno burro, ne mangiano quattro fette, e mi fanno poche domande, con la bocca sporca di molliche. Gli dico che conoscevo De Rienzi, e che mi aveva prestato dei soldi sei anni fa, con un interesse del trecento per cento. "Mi servivano per il funerale di mia moglie, le banche non fanno prestiti ai vecchi, lo sapeva?". Aggiungo anche che per impiccarlo sulla tromba delle scale, avrei dovuto avere qualche anno di meno, almeno quaranta, troppi. Mi guarda le braccia e vede il codice a barre. Conosco quello sguardo, commissario, e infatti lo abbassa verso il caffè. Gli chiudo la porta alle spalle, e apro la boccia dell'ammoniaca. Guardo la testa e gli dico "diamo una pulita, che ne pensi?" mi pare che abbia annuito.
Mercoledì, ore 17:00
esco con la valigia. Sul pianerottolo la signora Dal Prà apre lentamente la porta. Ha una volpe morta sul collo, e la volpe ha una gran voglia di parlare "ha saputo?, hanno arrestato l'amministratore, sa per la storia di De Rienzi. Si era giocato le ultime rate dei condomini alle corse dei cani, De Rienzi gli ha fatto un prestito, e poi ha cominciato a ricattarlo, e quello lo ha fatto fuori ". In ascensore l'odore di naftalina e quello del profumo mi danno la nausea. Le dieci lire scendono, e l'ascensore parte. Al portone mi viene in contro il venditore di enciclopedie. "Buona sera commissario, ho saputo che avete risolto il caso.."
C'era voluto poco in effetti, la moglie dell'amministratore aveva vuotato il sacco durante il caffè, in lacrime. E poi lui, non aveva più la cinta dei pantaloni. Al commissario tozzi Il fax dal sedicesimo commissariato era arrivato nel pomeriggio, proprio mentre stava per pigliare sonno con lo schienale appoggiato alla parete, e quindi gli giravano i coglioni. Da due giorni era scomparso nel nulla tale Terlizzi Alberto, anni 83, professione orefice in Via dei Catenari. Dalle perquisizioni era saltato fuori un fatto curioso, sto' Terlizzi aveva documenti falsi. In realtà Si chiamava Karl Albert Kugelmann, tenente delle SS a Birkenau, detto il "Dentista". Al processo di Norimberga lo aspettavano a braccia aperte, ma Kugelman è uno dei tanti carnefici che con l'aiuto del vaticano si era lavato le braghe in Argentina, e che aveva pagato i preti con i denti d'oro dei morti. Alla fine degli anni sessanta era venuto in Italia, e si era messo a fare l'orefice. Allora Tozzi aveva sguinzagliato Riganò e aveva provato a dormire di nuovo. Alle quattro e venti Riganò era entrato senza bussare mentre Tozzi sognava a scatti, e gli aveva fatto prendere un colpo, quindi, dopo averlo mandato a fare in culo scoprì che Segre non se la passava bene, facendo spesso visita al banco dei pegni. Era stato visto diverse volte uscire anche dal negozio di via dei Catenari. E poi, era sopravvissuto a Birkenau, quindi, si ricordò dei numeri sul braccio e anche del ciambellone. Poi Riganò aggiunse: "A commissà, stò Segre è strano, due giorni fa ha comprato dal ferramenta all'angolo una sega a ferro, sei bocce di ammoniaca, e due rotoli di sacchi dell'immondizia grandi, una incerata, delle galosce, e tre paia di guanti di gomma, e dubito che gli si sia otturata la tazza del cesso" Di dormire ormai, non se ne parlava proprio. Al portone di via Mercadalli se lo trovò davanti insieme a una valigia. "Signor Segre, siamo di partenza? Venga che le offro un caffè, dobbiamo fare due chiacchere credo"
Mercoledì, ore 17:05
"appena scesi dal carro bestiame, tengo mio fratello per mano, e l'uomo del compro e vendo oro ha un berretto, le nocche strette intorno a un cuoio e una croce uncinata in mezzo ai polmoni. Ci sono tre cani lupo che sbavavano nel fango. La mano di mio fratello stringe la mia, mentre un soldato lo strattona per portarlo nella fila accanto, quella con le donne i bambini e i malati. Mio fratello ha la polio e il suo passo è un inciampo. Sul treno mi hanno detto che i più deboli li fucilano. Calò, che siamo cresciuti insieme, che sa più cose di tutti, dice che invece li soffocano con il gas. Mio fratello piange e non molla la presa, io pianto le unghie nella sua camicia. L'uomo del compro e vendo oro mi colpisce con il cuoio sulla faccia, lascio la mano. In ginocchio gli dico di prendere me, che lui ha dieci anni di meno. Prendere me, prendere me. L'uomo del compro e vendo oro tira fuori la pistola dalla fondina e mi dice di sparare al mio amico, che se lo ammazzo mio fratello vive. Due scheletri con l'elmo in testa lo tengono in ginocchio in mezzo ai binari. Mi avvicino, mentre guardo mio fratello, Calò piange come un bambino. Io gli dico di non guardare. E la mia mano non trema. Poi mi viene il vomito. "Saresti stato un bravo soldato, ebreo." mi dice l'uomo del compro e vendo oro. Poi, fa portare via mio fratello."
ore 19:00
Ha pagato il caffè è mi ha lasciato andare. Spingo la valigia fino al ciglio della cava di tufo. Poi, Scivola giù, nella conca della discarica. Nel tonfo molle, una nuvola di gabbiani di carta si alza, per vedere se la morte si mangia.
"amo guardare i treni, perché adesso, tutti quelli che vedo partire tornano pieni."