luogo comune [claustrofobia]
"Mai entrare in un luogo comune, senza invito"
Siete troppi, e tutti insieme, e mentre ti avvicini, già mi manca l’aria."Hai letto il testo di Birkenski sull’ autodeterminazione della milza bovina nella seconda metà del novecento?” Ecco, Questo stare fuori dai salotti, non sapere quasi mai di quale cazzo di libro si stia parlando, o di quale autore, con accento francese ovviamente, mi disturba, mi soffoca, e affogo nell’ansia delle troppe voci. Io, con il riso basmati in mano, tra gente e scaffali e che non conosco non ci so stare, non è cattiveria. Non ho tutta questa cultura Prêt-à-Porter, non leggo le quarte di copertina per far finta di aver letto il libro, e anzi, mi porto avanti con il lavoro. Io non leggo proprio. Una tizia coi capelli aracioni mi parla con la erre moscia, di un saggio sulla sinestetica delle adenoidi apolidi, e nel mentre mi accorgo che le tartine con il lompo sono finite, comincio a diventare paonazzo. In un’altra stanza, una tizia legge un monologo crudo e senza consonanti sull'infibulazione delle marmotte armene, e comincio a stare stretto nei miei panni, voi mi capite. Sudo, smanio, tento la fuga in cesso recitando un finto mantra motivazionale del colon irritabile, ma un certo Ermando con la E, che scrive per "Le Burgeois" rivista sulla adenossologia e le lambrette innocenti, mi placca sulla trequarti del salone, proprio davanti alla porta e mi chiede se ho letto il saggio di Simon De La Grange, sui percorsi sinottici e il ginocchio valgo nei cani da riporto. Prendo tempo inghiottendo il pomo d’adamo tutto intero, e rispondo che lo devo ancora leggere ma che sono a metà del trattato di Hoppeneimhoff sul perché in Belgio le donne sono tutte clitoridee, e sulle ripercussioni [gravi] che questo comporta nei casi di prepuzio autistico. A cinque centimetri dalla maniglia del bagno, una tizia di Bitonto, balla una taranta scalza su una pira di arrosticini malesi, e io spero che muoia. Do una spallata alla porta ormai in asfissia, e La porta del bagno finalmente si apre. Trovo Germano Auriemma detto “Baba Hashii” sedutosu un bidet viola intento a suonare la chiorba durante una degustazione di saponette allo zenzero, mentre si proietta "Antropophagus" del tedesco Klaus Shoeller, memorabile pellicola dove viene mostrato per 94 minuti consecutivi un prete ortodosso mentre tenta di mangiarsi il suo polpaccio senza anestesia, e senza posate, ma con molta mostarda. Esco di corsa e punto il corridoio ormai paonazzo, mi guadagno l’uscita scavalcando due tizi di Cisternino, legati per la barba, che vomitano nel portaombrelli dopo aver danzato vestiti da Dervishi rotanti nel corridoio e spacciandomi per un asceta ermetico, la pantomima ha il suo effetto. Entro nell’ascensore che sto quasi per svenire insieme al tizio con la bombetta del quadro di magritte, appena uscito dallo studio dentistico Gramigni & Barozzi. Dietro la mela che ha davanti alla faccia, lo vedo che giocherella con le chiavi fissando il tasto verde con la scritta Libero. Al terzo piano dico con orgoglio qualunquista “Piove anche oggi, questa primavera proprio non vuole sapere di arrivare…” Lui abbocca, sposta la mela e fa “eh, non c’è più la mezza…” Dio ti ringrazio, un luogo comune. Ricomincio a respirare, e mi godo la mia claustrofobia leggendo la targhetta della capienza. Ditta Proietti 315 kg.
Siete troppi, e tutti insieme, e mentre ti avvicini, già mi manca l’aria."Hai letto il testo di Birkenski sull’ autodeterminazione della milza bovina nella seconda metà del novecento?” Ecco, Questo stare fuori dai salotti, non sapere quasi mai di quale cazzo di libro si stia parlando, o di quale autore, con accento francese ovviamente, mi disturba, mi soffoca, e affogo nell’ansia delle troppe voci. Io, con il riso basmati in mano, tra gente e scaffali e che non conosco non ci so stare, non è cattiveria. Non ho tutta questa cultura Prêt-à-Porter, non leggo le quarte di copertina per far finta di aver letto il libro, e anzi, mi porto avanti con il lavoro. Io non leggo proprio. Una tizia coi capelli aracioni mi parla con la erre moscia, di un saggio sulla sinestetica delle adenoidi apolidi, e nel mentre mi accorgo che le tartine con il lompo sono finite, comincio a diventare paonazzo. In un’altra stanza, una tizia legge un monologo crudo e senza consonanti sull'infibulazione delle marmotte armene, e comincio a stare stretto nei miei panni, voi mi capite. Sudo, smanio, tento la fuga in cesso recitando un finto mantra motivazionale del colon irritabile, ma un certo Ermando con la E, che scrive per "Le Burgeois" rivista sulla adenossologia e le lambrette innocenti, mi placca sulla trequarti del salone, proprio davanti alla porta e mi chiede se ho letto il saggio di Simon De La Grange, sui percorsi sinottici e il ginocchio valgo nei cani da riporto. Prendo tempo inghiottendo il pomo d’adamo tutto intero, e rispondo che lo devo ancora leggere ma che sono a metà del trattato di Hoppeneimhoff sul perché in Belgio le donne sono tutte clitoridee, e sulle ripercussioni [gravi] che questo comporta nei casi di prepuzio autistico. A cinque centimetri dalla maniglia del bagno, una tizia di Bitonto, balla una taranta scalza su una pira di arrosticini malesi, e io spero che muoia. Do una spallata alla porta ormai in asfissia, e La porta del bagno finalmente si apre. Trovo Germano Auriemma detto “Baba Hashii” sedutosu un bidet viola intento a suonare la chiorba durante una degustazione di saponette allo zenzero, mentre si proietta "Antropophagus" del tedesco Klaus Shoeller, memorabile pellicola dove viene mostrato per 94 minuti consecutivi un prete ortodosso mentre tenta di mangiarsi il suo polpaccio senza anestesia, e senza posate, ma con molta mostarda. Esco di corsa e punto il corridoio ormai paonazzo, mi guadagno l’uscita scavalcando due tizi di Cisternino, legati per la barba, che vomitano nel portaombrelli dopo aver danzato vestiti da Dervishi rotanti nel corridoio e spacciandomi per un asceta ermetico, la pantomima ha il suo effetto. Entro nell’ascensore che sto quasi per svenire insieme al tizio con la bombetta del quadro di magritte, appena uscito dallo studio dentistico Gramigni & Barozzi. Dietro la mela che ha davanti alla faccia, lo vedo che giocherella con le chiavi fissando il tasto verde con la scritta Libero. Al terzo piano dico con orgoglio qualunquista “Piove anche oggi, questa primavera proprio non vuole sapere di arrivare…” Lui abbocca, sposta la mela e fa “eh, non c’è più la mezza…” Dio ti ringrazio, un luogo comune. Ricomincio a respirare, e mi godo la mia claustrofobia leggendo la targhetta della capienza. Ditta Proietti 315 kg.