rocket man
Red nose studio
“Cambio la lampadina a un pianeta già spento, che possiate vederlo anche voi, che il mondo da quassù sembra una casa galleggiante nel freddo”.
Io sono l'uomo razzo, le stelle, le guardo da vicino, dentro una tuta di carta stagnola. Ho un reattore da un bilione di neutroni sulle scapole curve, appena sotto i lividi, insegnerò a voialtri come si vola via con un fustino di detersivo, bretelle, e la paura del buio. Partire è stato facile, perché io sono l'uomo razzo, un anno luce è solo un pomeriggio sognato, navigato a vista, a centomila nodi sopra il male. Ho un sestante di cartone per tracciare una ascissa polare, dove le stelle le soffi nel sapone, e non devi più chinare lo sguardo. Io sono l'uomo razzo, guardatemi, seduto in un angolo, con le mani sulle orecchie a pregare numeri a caso, a fermare la tua cinta, o a unire un milione di stelle in punta di matita e aspettare che sembri un disegno, oppure un sorriso bianco da dentifricio alla ionosfera. Volo in silenzio, e il mio acquario per pesci non si appanna mai, anche quando ci respiro dentro lo stupore, che volare è come nuotare, basta solo dimenticare. Ora mi bastano scarpe ben allacciate, un ordinata sferica, un orizzonte di curvatura dove non puoi arrivare, dove non farà più male. Io sono l'uomo razzo, ho portato con me tutto quello che serve senza gravità, cioccolato, carta di riso e francobolli, e quella fiaba che ho in tasca, quella che comincia con la tua voce di latta che dice “c'era una volta celeste...”
ad A.