trattatello sul perché, se ti fai fare le carte, un barista muore a un isolato di distanza, sul perché un cornetto bollente può salvarti la vita, e perché specchiarsi in una vetrina invece no.
"mortacci tua Marcè, m'avevi detto che la guardia era zoppa, questo core come 'n ghepardo io non c'ho più fiato Marcè, la macchina, ndò cazzo sta la macchina? dice è na' passeggiata de salute, ma a me qui me scoppia er core, er palo s'è dato, st'infame, proprio oggi doveva cambià vita stò stronzo..."
loro scappano perché hanno fatto una rapina, e perchè il palo s'è dato. Dice che vuole cambiare vita, da oggi farà il barista. Contento lui. La maga circe legge il futuro nei fondi pensione, ha appena detto ad un uomo con la maschera da poliziotto, che sta bene, che dalla vita non deve temere nulla, che i medici sbagliano. L'uomo si chiama Isidoro, ed esce dalla porta con un sorriso sulla faccia. Quello che guarda è l'ultimo giro d'orologio della sua vita, e gli è costato appena 45 euro senza fattura. Isidoro la guardia, c'ha un male in mezzo al petto, ma il fatto è che la maga circe gli ha detto che non ci ha niente, e lui oggi si sente immortale. Voleva fare il centometrista Isidoro, solo che il padre lo menava per andare a lavorare, ma oggi lui fa i cento metri in 10" netti, e sto figlio di mignotta lo prende, lo dovesse rincorrere fino alla morte, o alla promozione. E' felice isidoro, con il manganello che batte a tempo sulla coscia, veloce come ieri e la mano sul cappello, che non voli via o si spenga la fiamma, mentre il vento gli mangia i polmoni di gennaio. Ora resta da capire se lui sta inseguendo un membro della banda bassotti fino alla morte, o se la morte insegue lui. Il male in mezzo al petto fa bum. Isidoro la guardia cade e, l'ultimo crampo di vita gli piega il dito come un punto di domanda. E spara.
"...mortacci tua Marcè, me viè da vomità, io je sparo, je sparo, ar gabbio nun ce torno, avevi detto ch'era 'na cosa dè un quarto d'ora, nun je la faccio più Marcè, io sparo..."
Lui guarda la donna che si specchia nella vetrina del caffè, e stabilisce, mentre la crema del cornetto scaldato al microonde gli danneggia irreversibilmente le papille gustative e la lingua, che quella è la donna della sua vita, anche se lui una vita non ce l'ha. E pensa anche che gli farebbe fare nove o dieci figli a una così. Poi, sviene per il dolore, prima ancora di bere il cappuccino. Lei si aggiusta un ricciolo specchiandosi nel vetro scuro del caffè Airoldi, poi controlla che non ci sia del rossetto sugli incisivi passandoci la lingua sopra come una casalinga porno, e con il naso a un palmo dal vetro vede un tizio che rantola a scatti ustionato da un cornetto bollente. Poi , pensa che almeno Paolo non è uno sfigato, ma lo lascerà lo stesso perché non si può amare uno che non vuole figli. E Nemmeno uno che si ustiona con un cornetto alla crema, va da se.
"...ho sparato Marcè, l'ho preso, l'ho preso te dico. è cascato pé tera come 'n poro cristo. Nun avevo mai ammazzato nessuno Marcè..."
il pezzo di piombo a forma di supposta fabbricato dalla spettabile ditta dei fratelli Dino & Berardo Mazzacurati Di Arengo sull'Adda, attraversa tutta piazza Carracci in direzione caffè Airoldi, saltando due stop e un semaforo rosso. La macchia di rossetto sui denti di lei si allarga come l'inchiostro nell'acqua, insieme ai pezzi di vetro della vetrina del caffè, lei si chiede per un attimo perché la sua immagine sul vetro sia tutta rossa adesso. Poi resta con la bocca incollata al vetro, o quel che ne resta, per sempre. Io sono il barista del Caffé Airoldi. Faccio in tempo ad appoggiare la prima tazza di cappuccino della mia prima giornata di lavoro, sul piattino del tizio che si accascia a terra mentre qualcosa mi entra nel petto, con un fischio, come un ricordo scomodo. Lo dico sempre io, mai scaldare le paste al microonde. Poi, crepo nel vapore della gaggia, con un buco in mezzo allo sterno. Sento odore di carne bruciata e di polvere da sparo, c'ho pure fame. Mai cambiare vita di martedì. Avrei fatto meglio a fare il palo, stamattina.
"...a Marcè, me brucia er petto, me sa che m'ha preso, ma che me moro Marcè? Marcè... mortacci tua Marcello...."