toner
Joe Sorren
Avevano pranzato insieme, come tante altre volte. Lui teneva le sue parole in tasca. La cartuccia del nero aveva dato i numeri in mezzo alla mattinata, sostenendo che certi salassi erano inumani, Perciò, i caratteri, viravano a piacimento dal blu al viola passando per un pavido giallo cedro libanese senza soluzione di continuità. L'aveva portata con se tastandosi la tasca di tanto in tanto per sentirne la consistenza attraverso le coste del velluto. Era seduto ad un buon tavolo, con una bella minestra con vista sul mare. Mangiavano così, scambiandosi pensieri leggeri in times new roman, più spesso in arial, senza grassetto, troppo volgare il grassetto, un tono di voce sgradevole avrebbe rovinato tutto. L'attesa come sempre, si consumava nell'emozione della mail in arrivo. Lui inghiottiva in mezzo a un riflesso azzurro, e per assoluta ingordigia leggeva le prime due, forse tre righe del nuovo racconto. Pigiava sicuro sul tasto stampa, poi, annusava il foglio appena partorito e aspettava che gli schizzi e i segni di inchiostro, separati da qualche virgola e punto, diventassero il suono della sua voce. Quella che non aveva mai sentito. Il pollo era ottimo, anche se, per convincerlo aveva dovuto raccontargli una storia assurda su un paradiso di crusca, semi di girasole, mais e galline nude e lascive senza una piuma addosso, ma alla fine cedette e si lasciò ingoiare insieme ai funghi surgelati e una strana baguette ricurva come un anacardo. Il foglio era ancora aperto sul tavolo, quasi completamente bianco e aspettava con un angolo piegato tra le briciole e un posacenere di plastica. Lui aveva finito tutto ormai, bevuto il caffè amaro e staccato come al solito l'etichetta della minerale sciolta tra le gocce. Aveva anche fatto un rotolo con il conto, e vi aveva soffiato dentro almeno cinque “perché”, tutti in ordine crescente, intonati in fa e senza diapason. Il numero di telefono era stampato in mezzo alla pagina, in thaoma, o forse in verdana. La sfumatura di colore pareva fosforescente adesso, il che, lo aiutò a digerire, ben oltre il limoncello e gli scacchi della tovaglia. Mosse l'alfiere, Sfilò il cellulare dalla tasca, e compose il numero. Il sorriso all'altro capo era una voce. La miriade di lettere, tra virgole e punti, tornarono a farsi schizzi d'inchiostro.