venerdì, febbraio 26, 2016

[storielle surrenali / bite]



















Poco prima di andare a lavoro, mentre mi versi il caffè appoggiata al frigo, mi dici che da un po' la notte digrigno i denti e che li batto come se avessi freddo, oppure facendo un rumore prolungato, una cosa che sta tra il cigolio del cuoio e il raschio delle posate sul piatto. Dici che dopo non riesci a prendere più sonno, che forse era meglio se russavo come il marito di Diana. E dici anche che allora mi fissi a lungo, nella penombra e guardi la mia bocca muoversi ritmicamente, continuamente. "Poi ad un certo momento smetti di colpo e fai uno strano sorriso, sai,come se fossi soddisfatto, come se stessi sognando qualcosa di particolarmente bello e piacevole". Zuppo l'ultimo biscotto nel caffè e dico "Mi spiace, non lo sapevo, nessuna me lo aveva mai detto prima...".
Allora mi dici che hai letto da qualche parte che i denti che battono sono contrazioni involontarie della mandibola, un modo inconscio di scaricare la tensione, che dovrei farmi dare un'occhiata dal dentista e che magari dovrei anche mettermi in bocca uno di quegli affari di plastica dura che ti impediscono di consumarti quel poco che rimane dei denti, che una tua amica ha avuto lo stesso problema e che da quando si è messa quel coso in bocca gli è persino passato il mal di schiena.

Poi posi la tazza nel lavandino e dici "vado". Mi dai un bacio e esci. Resto per un attimo fermo a fissare lo spazio vuoto che hai lasciato davanti al frigo. Mi tocco la pancia tenendola leggermente per i fianchi, come farebbe una partoriente. Ho preso peso. Dieta alcalina del tasso di acidità e del PH di stocazzo. Vado a vestirmi.

Il dentista accende il visore retroilluminato e guarda l'ortopanoramica in formato panavision, la fissa in silenzio come si potrebbe guardare un'opera d'arte al Moma. Poi comincia a fare di si con la testa, annuisce come se improvvisamente ne capisse il significato intrinseco, il valore astratto. Poi fa anche di no, poi mi guarda un attimo come se fossi un oggetto inanimato, e forse lo sono, e spegne il visore.
"Bruxismo", dice. Digrigno i denti nel sonno e li sto progressivamente consumando. "Vede? qui sono tutti consumati, se continua in questo modo, a breve avrà dei seri problemi..."

Insomma dovrò mettere un paradenti come i pugili. Seicento euro per sembrare uno che sta combattendo per il mondiale dei medio-massimi. E io non ho nemmeno il mal di schiena, non so se mi spiego.

A cena, ti racconto quello che mi ha detto il dentista, che non ho seicento euro da buttare, e che non vedo l'ora di mettermi a letto. Anzi no, non vedo l'ora di dormire, e mi rendo conto mentre lo dico, che non è proprio la stessa cosa.
Poi mi alzo e salgo in camera da letto.

Sogno di mangiare. La notte intendo, io sogno solamente di mangiare, di ingozzarmi di ogni tipo di cibo ininterrottamente e in quantità abnormi. In questi sogni sono quasi sempre seduto ad una tavola imbandita con ogni ben di Dio. Il posto non è sempre lo stesso, anzi cambia quasi sempre, quello che non cambia è la situazione, il senso di fame crescente e il desiderio insopprimibile e violento di mangiare. Se il cibo non c'è, lo invento, lo tiro fuori dal nulla come un prestigiatore farebbe con un coniglio dal cilindro, solo che nel mio caso il coniglio probabilmente sarà alla cacciatora, o al forno. E quindi mastico, mastico ininterrottamente finché non riapro gli occhi. A volte ho anche un tovagliolo a scacchi bianchi e rossi legato al collo con un nodo, a volte mangio con le mani, a volte sento gli odori, a volte sento che mia moglie mi fissa nel buio. A volte sento anche i sapori.

Questo spiega perché sorrido probabilmente, e forse anche perché ho preso peso.

giovedì, febbraio 25, 2016

[piccole cronache senza vergogna / non toglierti il pigiama]













Non riesco a lasciarti, capisci. Io vorrei tanto, ma te ne stai davanti a me con la faccetta pista di sonno e il tuo pigiama assurdo con gli elefantini, e allora ecco io ti scoperei a vita, mi segui? In piedi, così. Quando sei arruffata dentro quel coso di flanella io non farei altro, anche perché non c'è altro da fare, siamo onesti. Bevi un sorso e poggi il bicchiere di latte freddo sopra le briciole, e poi mi dici, roteando lo sguardo per prendere la rincorsa una cosa come: "...stabilità, bambino. Manca, questa storia dondola, stiamo scivolando giù, non lo senti?". Allora ti dico : " È la terra, si sta inclinando verso sinistra, te ne accorgi dal bicchiere, guarda la linea di galleggiamento del latte. È sbieca, sai che vuol dire questo? Che finiremo per scivolare giù, andremo a sbattere contro qualche paese del sud america, e poi più giù, portandoci appresso gli sgabelli, la tovaglia, il tuo latte e tutti i tuoi biscotti integrali senza olio di palma che non sanno di un cazzo, a ruzzoloni verso Capo Horn e il polo sud. E poi pluf. Vuoto. Ionosfera, ozono e un silenzio blu oltremare. Rotoleremo per sempre in un'eterna capriola.

"E come ne usciamo...?" Sto per risponderti che non lo so, ma poi tu, ti togli il pigiama.