mercoledì, giugno 26, 2013

[a portar via]




























Jack Vettriano

Lo so, somiglio al garzone della rosticceria all'angolo, ma non lo sono. Il tuo mestiere è tenermi sulla porta, mentre cerchi il resto. Lo zerbino è una terra di nessuno, la zona franca da cui spiare uno spicchio di mondo, un quarto di luna calante, cianfrusaglie della tua vita che non so. Affaccio la testa quel tanto che basta a riconoscere la tua voce lontana da un'altra stanza, e te lo direi, che io, io lo farei anche un altro giro a mosca cieca nella tua vita, ma torni rovesciando le tasche e il mio stomaco e dici "scusa, non ho spicci, facciamo la prossima volta?"

giovedì, giugno 13, 2013

[foto 22 / giornaletti zozzi]














In quegli anni alla radio davano solo "pazza Idea" di Patty Pravo, che tutti noi chiamavamo Patty Bravo, ma non era di questo che volevo parlarvi. Dunque, Caballero costava cinquemila lire, meno de Le Ore, ma soprattutto era più piccolo e lo potevi nascondere meglio. Che i giornaletti zozzi li dovevi nascondere, mica potevi far sapere a casa che eri un piccolo uomo devastato dalle erezioni e potenziale pervertito, no. Quindi, li ficcavi ovunque: sotto il letto, dietro l'armadio, in fondo a un cassetto. Una volta uno lo misi dentro l'album delle foto del matrimonio dei mei. Un pomeriggio la signora Nardini, sfogliava e diceva a mia madre "che bella coppia che siete..." poi, dopo una foto in cui mio padre e mia madre bevono incrociando i calici, appare un tizio di colore con tre gambe vestito da poliziotto, e  la signora Nardini rantola e va giù gambe all'aria con le zollette e tutto il resto. Comunque noi facevamo la colletta, e Gigio, che portava il cappotto anche d'estate, andava all'edicola di via Guberti, chiedeva L'almanacco di paperino per rompere il ghiaccio e poi strozzandosi, sussurrava all'edicolante  "Caballero..." che glielo dava senza manco guardarlo. I giornaletti zozzi facevano il giro, come le canne, e a Gigio toccavano sempre per ultimo, non vi dico in quali condizioni. Poi una mattina d'agosto, entrando in edicola, Gigio si trova davanti la Signora Franca e scopre che Il marito è crepato mangiando una parmigiana di melanzane sotto il sole di Ladispoli, e tutto cambia inesorabilmente. Primo perché la signora Franca era una donna, secondo perché era bona e terzo perché faceva l'orlo e i rammendi ai vestiti di mezza Centocelle, compresi quelli di Gigio. "Gigio!" squilla la Franca "Che fai con quel cappotto addosso?" Gigio lo sfila, e fa "Per le toppe ai gomiti..." e glielo porge, poi, non sapendo che cazzo dire, compra l'almanacco di Paperino. La signora franca allora dice "Non siamo grandicelli per queste cose...?" Ecco, è fatta. Gigio compra Paperino per l'ultima volta e diventa grande tutto insieme. Perché non diventi adulto la prima volta che ti viene duro, dai un bacio, ti spuntano i baffi, vai a letto con quella del piano di sotto o meglio ancora con tua cugina, no. Diventi grande la prima volta che ti senti ridicolo. E non te la scordi più, mai più. Comunque io adoro Pazza idea di Patty Bravo, per dire.

lunedì, giugno 10, 2013

[luccichio]














La mia portinaia è una gazza ladra, ruba le lettere degli amanti. Le puoi trovare tutte, dalla prima all'ultima e legate con lo spago, sotto al suo cuscino. Lo fa per sognare, per sognare quello che non ha. Come tutti i ladri.

giovedì, giugno 06, 2013

[foto 21 /acqua 4711]



























Questa è una di quelle persone che sa di buono, sempre rasata. E comunque l'unica che io conosca capace di portare una camicia bianca, per dire. L'età è indefinibile, ma sai per certo che è stato commesso viaggiatore, come si conviene a uno che da il lucido alle scarpe tutti i giorni. Perché certe cose ti entrano dentro. Cose come il rumore di una valigia che si apre e mai disfatta, per altro, le stanze d'albergo con le marine alle pareti o le pale del ventilatore al soffitto, un caffè buono, lisciare il giornale prima di aprirlo, togliere le briciole dalla tovaglia mentre la cameriera ti chiede se sulla torta di mele ci vuoi la panna, le zollette di zucchero alla vaniglia che si sciolgono mentre giri il cucchiaino, dire buongiorno con quella intonazione li, e certe forme di saggezza. Qualcuno la chiamerebbe sapienza, i romantici diranno mestiere. In fondo, se sai essere gentile senza sembrare formale sei un artigiano, se continuano a seguirti con lo sguardo un attimo dopo che li hai salutati, sei un artista. Se lo dice radendosi, è come se lo vedessi. Poi, si liscia la gola con l'acqua di colonia, ed esce.

martedì, giugno 04, 2013

[scritti di maggio]













(Billy Christal, Harry ti presento Sally, 1989


[sindrome di pilato]


Io ti vedo bello, in mezzo all'odore della carta e alle pagine nuove, entrare nella mia libreria preferita con l'ultimo morso di ciambella negli occhi e le dita sporche di zucchero, ti vedo mentre ti guardi intorno e poi ti lecchi tutte e cinque le dita, una per una, al rallentatore, con uno schiocco sordo e bagnato.Mi si stringe lo stomaco, una morsa di nausea. Ora so cosa farai, te ne andrai in giro toccando libri a casaccio, lasciando cristalli umidicci e appiccicosi e io non saprò mai quali sono [e dove] poi, scompari tra gli scaffali. Cerco di calmarmi, respiro, e faccio training autogeno dicendomi che ci sarà una possibilità su un miliardo che mi becchi un libro con la tua saliva sopra, senza contare che quando lo leggerò saranno passate delle ore e non sarà più "contaminato". Ho due cuscini sotto la testa, tu ti stai pettinando i capelli, prendo il libro che ho sul sul comodino, ti infili sotto le lenzuola e mi abbracci mentre faccio scorrere le pagine nuove come un mazzo di carte e mi fermo al centro [pagina 69] e allora dici "Cos'è questo odore?" "quale odore?" "mmmh...sembra ciambella fritta...notte amore" "notte un cazzo".


[prima della grande paura]

Di quegli anni ricordo strani vestiti per lo più, e donne bellissime con maglioni larghi e colorati. Parlavano ad alta voce forse, ma sorridevano sempre. Poi c'erano Paola, Sandro, l'accademia e questa cosa che potevi cambiare senza sentirti in colpa, aspirare a qualcosa di meglio senza essere guardato come uno posseduto dal demone dell'ambizione, perché a nessuno di noi pareva che quello che la vita fino ad allora aveva offerto fosse un dono divino, una grazia, ma il naturale divenire delle cose. L'accadere, il vivere. Allora pensavi di poter cambiare. Cambiare tutto intendo, il lavoro, la donna, la vita, le cose. Ecco, ora ricordo, si diceva "cambiare le cose". Ora non si usa più, ora che tutto è fermo, anche lo sguardo. Ricordo che stavamo di nuovo intorno al tavolo, come allora, e ricordo che sarebbe stata l'ultima volta e che non saremmo mai più stati così belli, stretti nei ricordi ancor prima che nei nostri panni, e che fu doloroso al mattino, semplicemente perché un attimo dopo esserci salutati in strada, tornammo prigionieri nel nostro fermo immagine.