mercoledì, luglio 23, 2008

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Matt Duffin (mr. answers)

faccio la cacca gialla, come i neonati. Ho un intolleranza al latte, ma continuo a berlo, tanto per confermare la regola che quello che ci piace ci uccide. Quindi sto piegato in due sulla tazza del cesso, maledicendo la centrale del latte, e le vacche anche. E pure te. Al telefono avevi la voce di Tito Stagno durante lo sbarco sulla luna, ma senza occhiali. Lontana. Mi hai chiesto quando uscirà il nuovo libro, che poi è un modo elegante per capire quando beccherai parte dei soldi che ti devo, e io da dietro l'oblò, con un riflesso di luna sul vetro ti saluto con la mano e ti dico che non lo so, poi sorridendo ti indico Armstrong, ma tu hai già riattaccato. Mi ricordo invece della volta che al telefono mi hai chiesto di sposarti, e tu non te ne sei accorta, ma io mi ero pisciato addosso, come un cane. Ho smesso di scrivere un po di tempo fa, quasi senza accorgermene, certe cose ti accompagnano per un po, poi mollano gli ormeggi e scivolano nell'acqua. Non te ne accorgi finchè non ti senti le mani fredde. Scrivere non mi piaceva in fondo, era come ingoiare, o menarselo. Ne avevo bisogno, che a casa mia è un altra cosa. Io sono nato nell'anno dello sbarco sulla luna. Poi qualcuno mi ha detto che non c'è stato nessuno sbarco, tutta una finta. Era come quello scherzo di Orson Welles sugli alieni. Solo che li nessuno ha detto "scherzetto!" Avevo immaginato mio padre con un orecchio incollato alla radio in attesa del primo passo nel cosmo, e l'uccello dentro mia madre con la parannanza alzata sulla schiena e il culo bene in vista, che dello sbarco a lei non gliene fregava un cazzo, però voleva un figlio a tutti i costi, magari scrittore. No, avvocato. Anzi, meglio medico. Ma non c'è stato nessuno sbarco, e io non ce li ho quei soldi, volevo dirtelo, e non c'è nessun nuovo libro. Vorrei anche dirti che io non scriverò mai più, e saperlo mi da un grande conforto, che scrivere è come inciampare ogni giorno nello stesso posto. E comunque, Tito Stagno aveva gli occhiali.

lunedì, luglio 14, 2008

fallo ancora baby



Jan Saudek


ecco barava brava che sei ad assaggiare tutto il sale che c'è mentre ti leggo la storiella d'Italia quatto e vago sornione gatto con la lampo aperta come il porto di Cremona che poi a Cremona il porto manco c'è ma chissenefrega di Cremona e su e giù che sembri nata per farmi rovesciare gli occhi all'indietro almeno quanto io per leggerti i libri dalla fine con la saliva agli angoli della pagina mentre ridi e fai le orecchie ai libri topa di biblioteca ti vorrei scrivere con l'inchiostro nero sulle mani lasciarti segni scuri di alfabeto o numeri sul culo bianco morsi di saliva nel solco della schiena è la piena e la stanza è al contrario e tu succhi come i granchi la sabbia e nei reni mi freni torni su con i capelli incollati alla fronte e il respiro corto come un si e dici “adesso leggo io” ma no ma no ma no aspetta aspetta fallo ancora baby

mercoledì, luglio 09, 2008

modena




odio cambiare a Bologna, la macchina delle bibite mi fotte il resto tutte le volte, mica per altro. E poi l'acqua gassata mi fa schifo, sa di ruggine, come i binari. Ho il collo alto e la giacca di pelle, come da ricordo, e il parchimetro è rotto. Ti vedo fare punti esclamativi dietro il vapore dei vetri, tra le tende, e se solo salissi ti toccherebbe un po di teatro, che tu la mia paura la capiresti già al citofono o dal paso doble sotto i portici. Poi, Non piangi mica te, è solo il freddo, la cipolla o la nebbia. Eppure sembri tu, senza scuse, pura improvvisazione davanti al caffè. Arrotolare lo scontrino e tirare su, miope per discrezione, tutte le parole che non ti dirò, come la sabbia nella bocca. Pagheremmo il prezzo dell'allegria con un sorso da poco, ti terrei le mani però, da solo, pensando a come sarebbe stato se solo avessimo avuto il cielo basso di questa città a curvarci le spalle e gli sguardi, per lasciarci così, guardandoci la punta delle scarpe e nient'altro, come si conviene ai cattivi viaggiatori. Ma non mi crederesti amore mio, e vorrei dirti che sono solo in doppia fila, e che certi amori sono così piccoli, solo perché non hai trovato parcheggio.