sabato, marzo 31, 2007

casa rossa


Red nose studio

sogna di porte che si aprono e più spesso si chiudono. Camilla sogna la casa rossa, abitata da altri, e gli altri hanno spostato i mobili, e c'è un altra luce, stenta a riconoscerla eppure è lei. Al tavolo della cucina c'è seduta una famiglia, mangiano teste di pesce e la guardano obliqui, un bambino grasso gliene offre una, lei fa di no con la testa e si volta. Sua nonna è fuori, e le chiede perché non le fanno entrare, allora, con la voce che trema deve spiegarle, mentre le pettina i capelli, che quella non è più casa loro, ma che hanno i ricordi, e che niente non è più nostro, almeno finché non ce ne dimentichiamo. Poi, sotto un pezzo di cotto scheggiato, trova un vecchio giocattolo di latta, sembra suo, somiglia a qualcosa di suo. Ha una chiave, la gira tre volte, e il giocattolo di latta in una danza da orologeria parla una musica straniera, note che conosce, nel tempo perfetto di una capriola, di aste e bilancieri. E allora, piange, come solo nei sogni si può piangere, senza lacrime.

martedì, marzo 20, 2007

accordo diminuito


Red Nose Studio

lui stà con i piedi impantanati nella panna, con il fiocco che stringe, sotto una pioggia di riso parboiled, per un amore che non scuoce mai. Lui, è pasta di mandorle appena laccata, e pare vero “ho firmato un contratto cristo, finalmente ho firmato un contratto” col sangue e la glassa, in salute e in malattia, ti regalerà un fiore d'ostia che scioglierai sotto la lingua, avrai le cosce rigate da un salmo che cola, e in bocca proprio quella bestemmia. C'è la tua firma in calce sotto ogni giorno, sopra ogni figlio.

mercoledì, marzo 14, 2007

en passant (presa al varco)



(tempo) - Mi frega sempre. Si muove con lentezza, e questa, oltre ad un timbro di voce baritonale, è una di quelle cose che ha su di me uno strano effetto, ipnotico. Ai pedoni, li, in prima fila sembra che riesca a far fare un balletto e poi c’è chi dice che una volta ha battuto il russo in cinque minuti, no dico, cinque minuti. (tempo) - A me non è che gli scacchi piacciano poi tanto, il fatto è, che non capisco la libertà dentro le regole, forse sono anarchico veramente, come diceva mio padre. Lui invece dice “sei solo giovane, gli anarchici esistono perché esistono i giovani, e dopo, non c’è niente di più triste di un anarchico vecchio”. Guarda nelle mezze lune degli occhiali, legge con la rincorsa, poi , disegna una elle con il cavallo e si porta via un altro soldato, con le buone. (tempo) “Ecco” gli dico, “non so cosa farmene della torre, dovrei scalarla, magari con delle trecce. Mi piacerebbe saltare i bianchi e i neri delle caselle a casaccio, ed arrivare al re, con un solo balzo e scacco... e se il cavallo cominciasse a correre così, a briglia sciolta, senza una meta? Se i pedoni attraversassero sulle strisce?” . Risponde da sopra la torre Ne ho visti di alfieri stufi di camminare di traverso come i cani, per non parlare dei re o delle regine, ridere fino a pisciarsi addosso, nelle rivoluzioni senza popolo. Come la tua, tu con me perdi perché sei solo, lo capisci?” “no, non lo capisco.” (tempo) - fa scacco al re, sbucato dal nulla, da una trincea dietro la montatura in osso, mette in ginocchio la pedina con un piccolo tonfo stanco, insieme agli altri prigionieri di madreperla. Sono sempre stato un pessimo rivoluzionario io, per questo gioco a scacchi da solo , ma voi, aspettatemi al varco, ci sarò.

sabato, marzo 10, 2007

troll

lunedì, marzo 05, 2007

sulla solitudine e sui tartufi neri


Jean Rustin

Sottotitolo: "lo so, è solamente un altro giorno di merda, ma noi, non ci faremo sopraffare e tenteremo l'ennesima fuga in cesso."

La solitudine c'ha l'eco, che batte in testa, come i vecchi motori. Non ossigena, allucinogena in gocce, tutta viola come l'illusorio spazio che vi pare a portata di braccia. Sentire perfino la sabbia sotto le suole, ti lascia una coscienza da arredare per puro piacere (io consiglio ikea, costa poco, e poi, da quelle parti la gente ti rompe i coglioni solo sei mesi l'anno, per non parlare del fatto che ti regala le matite). Ella (la solitudine), impenitente ed abitudinaria come il suo padrone, dona senza ritegno e sciala, barbe incolte, sesso brado, macchie peste sul collo che promettono per un massimo di ventiquattr'ore suonate (da una sveglia da poco). Le sveglie da poco, per chi non lo sapesse, vanno messe un ora avanti, subito dopo aver sputato in bocca a qualcuno un ti amo liquido e sporco come un fine settimana in un letto non tuo, e forse nemmeno non suo. Tutto questo, miei cari, solo per dirmi che la voce supplichevole che sabato notte biascicava “scopami, scopami..” all'alba di domenica, era già un ben più patetico e grassoccio “scopala, scopala”. Io, non consiglio di elemosinare mai, anche quando la vostra espressione sarà proprio quella, voi, spacciatela per un broncio d'attesa. La doppia opzione essere soli – sentirsi soli, vi verrà offerta gratis e senza istruzioni. Pena per cotanta ingordigia (tipica delle offertissime prendi due paghi tre) è non saper distinguere una voce lontana da una presenza, o un passo da fuga, dalla gola per un incontro, oppure lo scolo. (quindi) Per quanto possiate sbattere su due fianchi con una gonna alzata come forsennati, la distanza resterà incolmabile, la consapevolezza del vostro respiro solo, in questa stanza vuota.

La cosa dei tartufi neri non c'entra un cazzo con il post, lo so, ma la trovavo irresistibile con il il titolo, per non parlare del fatto che scrivo quello che mi pare. Buon appetito.