giovedì, maggio 29, 2008

trittico con lamponi e poliomelite



La mia bisnonna ha vissuto nell'arte, il padre era uno scultore del movimento “transavanguardia desueta” e la madre era Calista Heagen, la grande artista passata alla storia perché scolpiva falli di ogni foggia e dimensione su marmo di carrara, sostenendo che “come artista e come donna, non ambisco a raggiungere l'immortalità, ma l'orgasmo”. La mia bisnonna usciva con Vincent Van Ghog, e una volta mi disse “ Vincent era un tipo strano, girava con la testa fasciata, poi una sera dopo cena mi invitò a salire in casa per mostrarmi la sua collezione di orecchie" Crescere in una atmosfera così, non poteva che spingermi verso l'arte o il contrabbando di tassi impagliati. Fui precocissimo, la prima parola che pronunciai non fu mamma, ma matita. Ovviamente intendevo mamma, ma mi piazzarono in mano un 2b con gridolini di giubilo e io dimostrai subito del talento infilandola nel bulbo oculare di mia nonna Bertha. Poi dissi anche "bumba" e ovviamente intendevo acqua, ma tutti si convinsero che volessi dire pennello. Mia nonna stavolta fu sveltissima e si abbassò di scatto, mio nonno Hugo da quel giorno porta una toppa da corsaro sull'occhio destro e mi ha cancellato dal testamento. Dopo un po dissi anche “cacca”, e la stanza si svuotò in un baleno. In realtà intendevo pennello. Mia mamma, Giuseppa Guzzman, invece odiava l'arte e aveva una doppia personalità, una mi detestava, e l'altra desiderava la mia morte per scuoiamento. Però non ostacolò mai la mia carriera artistica, e mi disse "quando diventerai famoso, mi restituirai tutti i soldi che ho speso per mantenerti". All'accademia d'arte, avevo i voti più alti del mio corso, in matematica ed educazione fisica. Mi diplomai con un opera rivoluzionaria dal titolo "Paradigmi sedicenti" dove decisi di abolire l'uso del pennello non tanto come segno di rottura con l'arte convenzionale, quanto piuttosto perché nelle colorerie alla parola “cacca” si svuotava il negozio. Esposi quindi un pollo di gomma in un microonde spento, fui definito il nuovo michelangelo il che mi valse la copertina di Life e una recensione superba su “Elettrodomestici “di agosto che mi definiva "il più grande idiota della costa occidentale dopo Gianni & Pinotto". A 17 anni mi trasferii in Europa, dove studiai con Marcel Duchamps. I rapporti con il maestro furono subito molto tesi, due personalità troppo forti. Lui mi considerava un manierista, o nella migliore delle ipotesi un cretino. Io, come prova del mio genio incartai uno dei suoi famosi pisciatoi, lui non la prese benissimo, soffriva la mia personalità e soprattutto di prostatite e mi disse “scarta quel coso che me la sto facendo addosso”. Distrussi così in un colpo solo l'opera di Duchamp superando l'estetica dei sanitari ed esponendo direttamente un culo alla quadriennale di Bitonto, aprendo così la fase anale dell'arte. La critica mi acclamò: "La sua esposizione è stupefacente, assorbe e supera la sua stessa lezione, lui incarta grattacieli e monumenti, ma non più con semplice carta igienica, la novità sconvolgente era sotto gli occhi di tutti, ma solo il guizzo di un genio, poteva sciogliere il bandolo della matassa. Carta Igienica doppio strato, “lunghezza e morbidezza” sembra essere il messaggio subliminale che trasuda da opere di cotanta bellezza, tra tutte nella sala “Discrete Pensate” toglie il fiato per bellezza e armonia “Lambretta Sudata” dove la pienezza della carta e la sapienza nell'uso del rotolone, rimandano a certe opere del Parmigianino, o al rigore plastico dell' Ercole Bomba del periodo viola, e alle sue "frappe stuccate". Duchamps crollò, e per reazione dipinse due baffetti alla Gioconda, fu arrestato e picchiato fino all'alba, poi, si diede agli scacchi. Per trovare nuovi stimoli volai a Parigi a conoscere Pablo Picasso e Braque. Stavano lavorando a dei ritratti e il fratello di Picasso (Poldo) essendo affetto da un raro morbo che gli aveva regalato il naso al posto della bocca e le orecchie poco sopra la fronte diede origine al cubismo. Braque non capendo la portata di ciò che aveva davanti disse una volta "Pablo, ma non potremmo dipingerle al loro posto almeno stè cose?" Poldo Picasso morì suicida a 37 anni inspirando come un forsennato con le narici da una lattina di Coca Cola, credendo che fosse la bocca. Si consegnò alla storia come la prima vittima del cubismo. Io mostrai a picasso la mia opera migliore dove attaccavo uno sturalavandino su un dugongo impagliato, ma Picasso era spesso taciturno e mi rivolgeva la parola, solamente per chiedermi di passargli il sale, o se si otturava lo scarico del cesso. Uscii da questa esperienza deluso e affrontai quello che il Washington Post definì “periodo blu cobalto” con molte perplessità e lo stesso abito fino alla fine. Ne uscii provato e daltonico. Il riscatto arrivò l'anno dopo, alla biennale delle molucche vinsi il primo premio esponendo un opera concettuale in tecnica mista dal titolo “Demiurgo Concavo” avevo avvolto con delle buste dell'immondizia e del catrame un nano del circo Smirnhoff che all'interno di una cornice barocca ripeteva in continuazione la parola “prosopopea”. Dopo una iniziale freddezza, fui applaudito durante la premiazione e linciato nel parcheggio da 140 persone armate di forconi e motoseghe che rivolevano indietro il prezzo del biglietto. Ne parlai con Andy Wharol una sera a cena e lui mi disse "amico, è il prezzo dell'arte, e può essere altissimo. Guarda me, vado pazzo per le zuppe Campbell's, e grazie a loro sono anche miliardario, ma ora ho il colesterolo a 800 e aspetto un fegato per il trapianto". Sentii forte a quel punto il bisogno di ritornare al classico, ed all'uso di strumenti convenzionali, come il carboncino, la sanguigna o i lanciarazzi. Scolpii così, alla fine degli anni sessanta un gruppo scultoreo in un unico blocco di pongo di 12 metri di altezza. L'opera doveva abbellire il "Circolo dei Dinamitardi" di Dresda, e raffigurava otto postini mongoli nell'atto di frollare la carne sotto la sella di un cavallo di Pretzwalsky, mentre una figura alata sulla destra consiglia al gruppo di utilizzare raccomandate con ricevuta di ritorno. Malgrado il mirabile drappeggio, la comunità mongola insorse e dovetti mettere degli orribili mutandoni e una mangiatoia al cavallo di Pretzwalsky. Ero ormai riconosciuto come uno dei più grandi artisti viventi, e abbandonai il mondo dell'arte all'improvviso, al culmine della mia carriera, dopo aver dipinto per la triennale di Casal Berengaro il mio capolavoro della maturità “trittico con lamponi e poliomelite” nell'ultima rivoluzione artistica che sconvolse il mondo, sfigurai una tela dipingendoci sopra un paesaggio con l'utilizzo di un pennello e dei colori ad olio. L'opera finì nello studio di un dentista di Vancouver. Dell'arte, in fondo, ho capito una cosa, si basa fondamentalmente sul fatto che chi la guarda capisce fischi per fiaschi, perché chi dipinge ha scelto di non parlare, e anche perché, in fondo, ascoltiamo e vediamo quello che desideriamo ascoltare e vedere. L'arte è bumba.

martedì, maggio 20, 2008

motel



ding. e ancora ding ding. col palmo sull'ottone del campanello. L'uomo col fiocco si volta come una carta truccata, e mi mette in mano una chiave e una busta da lettera. "Facciamo un gioco", hai detto ieri, con la voce nel fazzoletto." Ho prenotato a nome Smith, la stanza è la 214, ha la vista sul male è la più costosa, e tu, non avertene a mare". entro nell'ascensore e chiedo al tizio che legge i bottoni dov'è il terzo piano. Ho le scarpe piene di polvere e vento, e la valigia da rappresentante di stupore, una giacca marrone, una cinta di tabacco e la fibia di ottone. Tutto il mio orgoglio è nel fermacravatte comunque. Ho 150 dollari nelle tasche, arrotolati come quelli dei benzinai. "Facciamo un gioco". La stanza 214 è vuota. C'è una poltrona da barbiere sotto una finestra, un letto bianco. Sul comodino c'è un carillon con delle scimmie che ridono in tondo. Nel cassetto trovo una bibbia e una bambola gonfiabile. Nell'armadietto dei medicinali, c'è una boccetta di Roipnol con un bigliettino arrotolato dentro, una lametta arrugginita e del colluttorio. Mi lavo le mani con lo shampoo. Il rame s'è mangiato lo specchio, non ho età, mi rado e mi taglio poi appendo la giacca nell'armadio che odora di vecchio. "Facciamo un gioco" e sotto il cuscino c'è un pezzo di ferro col calcio di legno, e un solo colpo in canna, soffiaci dentro e danza sul tamburo. Do un giro di chiave, il carillon con le scimmie gira stonato. "Amore, quando verrai io sarò vestita da sposa, e sarò scalza, per te, m'hai amata come le cose, come le scatole e il cartone, come l'odore della benzina e le notti senza tassametro, tra le gambe, con il fiato corto e il cazzo in mano. Tutta la vita in un kleenex. Hai vissuto così poco, avuto così poco, che raccontare ti sembra un delitto imperfetto" click, bang.

martedì, maggio 13, 2008

l'invasione degli ultracorpi


Skott Chandler


Ecco, dovrei dire qualcosa, ma non so bene cosa, e mi fissate nel luccichio dei vostri occhi di spillo, sento solo il mio respiro, nel silenzio. Qualcuno tossisce, si, bisogna proprio che dica qualcosa. Ma che diavolo ci faccio io qui? Cominciamo dal principio.

“pensavo, nella quinta fila posto centrale. Che non mi piace la tua mano nei miei pop corn. Tu non scegli, aspetti che lo faccia io e poi ti porti dietro metà delle mie cose. Voglio guardare i titoli di coda, tutti, fino all'ultimo centimetro di pellicola, e tu sei già in piedi che mi fissi con la testa di lato e mi sembri sempre più verde, cazzo. Probabilmente è colpa del film “Anemoni Congiuntive”. Lo hai scelto tu, o meglio la tua amica Thania, che ha letto su “Donna & Soprusi” di maggio che è un capolavoro. Io, volevo guardare un film su una iguana radioattiva del pleistocene alta 30 metri che schiaccia Manhattan con i piedi dal titolo “Bronko VS. Mozumbra" ovviamente senza sottotitoli. Condivisione dici te, ti senti a casa nelle mie cose. Io mi sento a casa quando mi chiudo la porta alle spalle e sento i tuoi passi scendere nell'androne. Invasione, dico io.

Il baccello si aprì nel mio salotto un mercoledì sera. Pareva un innocuo pasto surgelato, un minestrone dal nome crepuscolare tipo “L'orto degli Orzi perplessi” roba da scaldare al microonde. Poi con la coda dell'occhio vedo l'unico pisello presente nella busta scivolare sulla tovaglia a quadri e poi su una zolla di marmo vicino a un ciuffo di gatto. In 12 ore il baccello è cresciuto di 40 volte, e alle 9,30 del mattino, l'ho trovata nuda e verde nel mio bagno a lavarsi i denti con il mio spazzolino e la conserva. A imparare la mia lingua ci ha messo mezza giornata. Prima pochi suoni, poi, verso l'ora di cena è riuscita a pronunciare la parola “fuorigioco”. La mattina del giorno dopo ho trovato suoi libri in mezzo ai miei, il suo odore che copre il mio, le impronte del rossetto sulle mie tazzine da caffè. Il mio frigo pieno di calamite a forma di coccinella e post it indecifrabili in una lingua a me sconosciuta, crittogrammi. Credo che siano dei piani di invasione della terra dal nome in codice ovulazione dominante o dominazione ovulante, dalle poche righe tradotte si prefigura un regime rigido e spietato, che prevede l'abolizione della masturbazione e passare in tintoria a ritirare le giacche.

così, ho cominciato a frequentare centri di recupero per persone che sostengono di aver visto degli ufo. Sono entrato, e ho ascoltato in silenzio, per giorni. Ho ascoltato Albert Froombgherg, sostenere di essere stato rapito da un ufo durante l'addio al nubilato mentre ballava nudo davanti a Samantha Boobs, portato sul pianeta Hortzl, studiato come una cavia da laboratorio e ritrovatosi poi sempre nudo e senza un rene, 4 anni dopo nel suo soggiorno, ma sposato, e con otto figli. Markus Zooelg racconta di aver avuto la prima esperienza da giovane, in polonia, dove disse di aver avuto contatti con un essere verde ramarro la testa a pera fuori dalla fabbrica dove lavorava, ma nessuno gli credette perché la creatura non risultava iscritta a nessun sindacato. Eppure riuscì a condizionarlo con un raggio laser e la sindrome premestruale, obbligandolo a comprare 500 oscene bomboniere a forma di putto obeso e a interrompere l'abbonamento al mensile "Vulva". Ezra Gloum racconta di aver visto dei cerchi luminosi nel cielo della Cornovaglia , e subito dopo di essere stato inseguito da un astronave a forma di capezzolo che voleva obbligarlo ad essere allattato. Essendo allergico al lattosio, riuscì a salvarsi pronunciando la frase "lo giuro cambierò" e ingoiando un flacone di cortisone. Bruno Scibbetta, ricorda il suo primo incontro con orrore " L'alieno è ingannevole, si trasforma" mi dice tra le lacrime, "Solo ora, dopo 14 anni di convivenza, la guardo, e mi rendo conto di quanto somigli in brutto a Sammy Davies Jr." Quello che ai suoi occhi appariva come una meravigliosa creatura dalle forme sinuose, con dei buoni occhiali, o in stato di nubilato veniva percepito dagli altri nella sue reali fattezze. Mi racconta allora di come una volta nel Bronx, furono circondati da una banda con dei teschi tatuati sullo scroto, e che dopo averli rapinati preferirono, tra i due, stuprare lui.

Ora sapete come sono finito qua, tocca a me, dovrei dire qualcosa. “Ehm, insomma, salve, mi chiamo Stephan Bahumann, e la mia compagna è una aliena...