martedì, marzo 15, 2016

[domande apparentemente senza motivo / dove scende?]












[foto di Thomas Leuthard]

Col tempo, sono riuscito a scrivere un po' ovunque, anche in treno. Quel rumore buono di ferraglia e cigolii ad ogni stazione, tutte quelle lamiere che si flettono sotto il peso della distanza e del ferro, l’odore di plastica e pioggia, mi rendevano le cose così facili da sembrare uno scherzo. Avevo bisogno e dipendevo da tutte quelle persone che per una manciata di chilometri mi raccontavano la vita in mezzo alle valige, ai biglietti persi nelle tasche di cappotti e giacche sempre troppo grandi, confessando sottovoce come con l’analista o il prete. Il fatto è che quello che riesci a raccontare agli sconosciuti non ha filtri, è senza inibizioni o paure, nessuna vergogna. Perché il tizio a cui hai appena detto che tua moglie ti ha mollato portandosi via i figli, o che bevi, oppure che hai appena ucciso qualcuno mostrandogli i palmi sporchi di mirtillo, scenderà ad una fermata qualsiasi e puoi stare certo che non sarà mai la tua. Questo spiega perché chi sta per vuotare il sacco, ti chiede sempre “e lei, dove scende?”. Quello che resta poi, è il tempo di abituarsi al posto vuoto e a quella leggera malinconia che se ne va non appena cominci a scrivere.