mercoledì, ottobre 07, 2015

[un passaggio]















1

-Vieni, ti faccio vedere- 

Così aveva detto il padre ad Agnieszka, e gli aveva teso la mano come per portarla da qualche parte. Poi si erano fermati davanti all'armadio, e il padre aveva cominciato a fissare Agnieszka come se stesse per succedere qualcosa. Anche se non succedeva proprio niente.
- allora papà? che ci facciamo davanti al mio armadio? -
- ci sono cose, molte cose, forse tutte le cose del mondo non ci appaiono mai veramente come sono finché non cominciamo a smettere di darle per scontate -
- vuoi dire che questo non è il mio armadio?-
-non esattamente. Lo è, certamente, ma forse non è solamente il tuo armadio. E' che le cose, Agnieszka, come certe persone non hanno un'anima sola. Noi non siamo solo allegri, buoni o simpatici, a volte siamo anche tristi, cattivi o sgradevoli. Dentro ognuno di noi convivono più anime, siamo più complessi e mutevoli di quanto ci faccia comodo pensare, grazie a Dio. Lo capisci questo?-
-No-
Poi aveva aperto una delle due ante, quella di sinistra mi pare, e aveva spostato con una mano alcuni degli abiti appesi alle stampelle di legno. Agnieszka vedeva solo le sue camice, i vestiti e il fondo scuro dell'armadio. Nero come la pece.
-Cosa vedi?-
-è buio-
-e hai paura del buio?-
-si- 
-anche il buio non è solo buio, amore mio. Ogni notte per quanto buia, prima o poi diventa un'alba. 
La mano era scivola nell'oscurità, in mezzo ai vestiti e poi si era spostata verso destra. Il fondo dopo un piccolo scatto si mise a scorrere come in quei romanzi con gli agenti segreti. Dietro, un piccolo vano scavato nel muro. 
-Guarda- disse.
Agnieszka si era arrampicata all'interno dell'armadio, spingendosi poi nel vano. Un leggero chiarore le fece voltare la testa e guardare in alto. Un lungo cunicolo saliva verso il tetto, una fila di perni di ferro bianco spuntavano dalla parete a formare una scala. In cima, vedeva un pezzo di cielo azzurro e sentiva distintamente l’odore dell’inverno. Era febbraio.
-Potrebbe succedere che degli uomini vengano per portarci via, Agnieszka. A me e alla mamma, sai. Se dovesse succedere, quando te lo dirò, dovrai nasconderti la dentro e aspettare che venga notte, poi dovrai salire tutta la scala e arrivata in cima ti troverai sul tetto. Da li, figlia mia, dovrai cavartela da sola. E soprattutto non voltarti a guardare indietro, mai. Lo farai? Me lo prometti? - disse.
-Prometto-
-Ecco. Come vedi questo armadio non è solamente un armadio. Potrebbe essere altro ancora, qualcosa di molto più importante, come un passaggio segreto per domani. Per questo non dovremmo mai dare per scontato nulla, nemmeno un armadio-
-Chi verrà a prenderti papà?-

2
-L’olfatto dei cani pastore non ha eguali tenente, lo sapeva?-
Il tenente Lange non aveva saputo cosa rispondere al Comandante Böhm, e non gliene fregava molto in realtà, gli veniva da vomitare e aveva fatto di si con la testa mentre l’animale lo strattonava in mezzo a mucchi di stracci e valige per le scale dell'interno 23 di Via Snocza. Non c’era corrente elettrica. La luce a giorno che arrivava da fuori erano i falò di libri e mobili che bruciavano nel cortile del palazzo, le fiamme arrivavano quasi al secondo piano sfiorando i ballatoi. 

Nell’appartamento al pianterreno avevano trovato tre ragazzine chiuse dentro un baule. Due erano morte soffocate. Magdalena no, Magdalena l'avevano ammazzata dopo, dopo lo stupro intendo. Li trovavano facilmente. Alcuni usavano degli stetoscopi da medico appoggiati contro le pareti o sulle assi del dei pavimenti. Sentivano piccoli cuori di topo nella notte, battere come giocattoli a carica, ed era un gioco trovarli, infatti. Più spesso era l’odore di piscio e merda a fregarli.

Al primo piano abitava il dottor Krzysztof, faceva il pediatra. Aveva una famiglia, una moglie e tre figli maschi. Avevano pranzato con calma, come se non stesse succedendo nulla, anche se i primi spari li avevano sentiti già al mattino. Comunque il Dottor Krzysztof aveva fatto preparare una torta alle visciole a sua moglie Aniela, aveva messo del narcotico nel tè, rimesso gli orologi come ogni sera, e disteso delicatamente la moglie e i figli nel letto, una volta addormentati. Poi, dopo avergli infilato in bocca delle capsule di cianuro era rimasto a guardarli morire nel sonno, canticchiando qualcosa sottovoce, seduto su una sedia a fianco al letto. Quando il soldato era entrato nella stanza, un attimo dopo aver sfondato la porta, lo vide spararsi in testa. Li avevano coperti con delle lenzuola, poi se n'erano andati.

Al secondo piano stavano Jaroslaw e Izabela, si erano sposati da poco. Jaroslaw lavorava come facchino alla stazione dei treni di Varsavia e lei cuciva vestiti a casa, risvolti delle camice, orli, aveva le mani d’oro Izabela . Izabela era incinta. Jarozlav, con uno stivale sul collo e la bocca sul pavimento aveva dovuto guardare fino alla fine. Ad Izabela gridava di chiudere gli occhi e di pensare di essere altrove, che non era niente, che non avrebbe sentito niente. Mentiva. Quello che le stava sopra aveva i calzoni alle ginocchia e il fucile ancora a tracolla, quando finì, le sparò in testa - gridava troppo - disse. A Jarozlaw non fu necessario sparargli, il cuore aveva smesso di battere da solo un attimo dopo quello di Izabela. Loro nel frattempo ridevano, aggiustandosi i pantaloni.

3
Il capitano Böhm aveva messo sul piatto del grammofono un lidier di Brahms e dato tre giri di manovella, l'eco della musica uscì sul pianerottolo del terzo piano, riempì le scale fino al terrazzo e si perse tra le urla nel ghetto. Poi si era seduto su una poltrona di broccato rosso, guardando gli sgabelli a terra e i genitori di Agnieszka pendere ondeggiando appena dalle tubature dell'acqua calda. Con una mano mimava un direttore d'orchestra, con l'altra teneva una foto in una cornice d'ambra dove una bella coppia seduta su una panchina del parco Lazienki, sorrideva a una bambina dai capelli lunghissimi che giocava con un cerchio. 
-La voce di Katharina Adeline Körtig è incantevole, non trova tenente? Li faccia tirare giù, e faccia annusare questo al suo cane. Non abbiamo ancora finito qui-
Poi gli porse una bambola di pezza dalle trecce troppo lunghe.
Quando il grammofono smise di suonare, Agnieszka tirò fuori la testa dal cunicolo. Era notte. Non fece caso al freddo, si mise in piedi, dritta sulle tegole e cominciò a camminare verso una terrazza di panni stesi. Non si voltò indietro. Mai più.

Il cane pastore si era fermato davanti all’armadio abbaiando e grattando contro la porta. Il tenente Lange lo teneva con tutte e due le mani.
- sta buono...- disse.
Böhm aveva aperto le ante dell’armadio, poi si era fatto spazio tra i vestiti con il calcio della pistola tenuta per la canna. 
–Qui non c’è niente, capitano-
-Non abbia fretta tenente- 
Picchiettava sul legno, il fondo suonò a vuoto. Lange si era infilato nella nicchia scavata nel muro e guardava in alto, il cunicolo era stretto, avrebbe potuto passarci a malapena un bambino. Era La canna fumaria di un vecchio caminetto murato. In fondo, aveva visto un pezzo di notte stellata, passava abbastanza aria da sentire l’odore, della notte. 
Böhm aveva imprecato sistemandosi dei guanti di pelle. Aveva fatto portare via quadri, mobili e il grammofono. Anche l’armadio. Il saccheggio della casa di un ricco antiquario per la vita di una ragazzina. Sul momento gli parve uno scambio equo.

4
L’armadio se ne stava in un angolo del negozio di antiquariato, poggiato su un tappeto persiano sfilacciato e a fianco di un piccolo mobile decò con un grammofono poggiato su un ripiano di marmo verde. Sopra, impolverato, c’era un 78 giri con delle lidier di Brahms. Mario aveva dato tre giri di manovella, poi si era voltato verso Agnieszka. 
-Ti piace questo? Sarebbe perfetto per la casa in campagna, non trovi?-
Agnieszka era rimasta con la bocca semiaperta in una piccola o, come lo stupore dei bambini imboccati col trucco dell’aeroplano. Ferma, davanti alle ante chiuse con le calze cortissime e le trecce lunghe, una bambola in mano, papà dice qualcosa, cosa? Suo marito la guarda con la testa inclinata aspettando una risposta, mentre Brahms intanto ha riempito la sala, i cassetti, gli armadi, le ante, le casse degli orlogi, tre scatole di madreperla, un uovo di fabergé, un pianoforte scordato, un'angoliera e un baule vuoto per ricordi con inciso sul coperchio "Non voltarsi è una scelta saggia, almeno finché quello che hai lasciato indietro, in qualche modo, non finisci per trovartelo nuovamente davanti". L'antiquario zoppo si è avviciniato e ha detto:
-La voce di Adeline Körtig è incantevole, non trova?-
-Si, meravigliosa. Quanto vuole per questo?-
-L'armadio? sarebbe 50 zloty, ma posso scendere fino a 45, visto che amate Brahms, signorina-
-Signora. Si, lo ascoltava sempre mio padre. Da dove viene?-
-Da qui, da Varsavia. Apparteneva ad un antiquario morto durante la guerra-
-E lei? Non sembra polacco-
-Ha ragione. Io sono tedesco, di Wiesbaden. Mia moglie era polacca, ma non volle mai lasciare Varsavia…”
-Capisco. Complimenti per l'accento comunque. Lo prendo-
-Ha fatto un affare, signora-
-Oh, io si. Ne sono certa-

5
Böhm l'antiquario abbassa la saracinesca del suo negozio ogni sera alle otto. Dorme nel retrobottega, ha un letto con una coperta a scacchi, una abat jour dalla tela consumata, un tavolo per mangiare e scrivere qualche lettera e una poltrona di broccato rosso su cui passa quasi tutto il suo tempo. Ma i mobili non gli mancano, certo. Jacek, il ragazzo del ristorante all'angolo è in ritardo per la cena, come al solito. Se camminasse meglio potrebbe andarci da solo al ristorante, mangiare ad un tavolo e guardare la gente che passa davanti alla vetrina. La Musica di Brahms parte all'improvviso, l’eco dalla stanza accanto è la lotta di un usignolo con la polvere e i graffi. Adeline Körtig canta per l’ultima volta, nessuna replica. Böhm l'antiquario allora si mette a bestemmiare.
-Jacek! se lo stufato è freddo anche questa sera, giuro che da domani me ne vado a mangiare da Januariusz, dillo al tuo cuoco, diglielo, e smettila con quel grammofono, vale una fortuna. Polacco di merda-
L’usignolo non smette, e quando il fumo comincia a riempiere la stanza, Böhm l'antiquario tenta di alzarsi dalla poltrona e improvvisamente il bastone sembra troppo lontano, la gola brucia, gli occhi lacrimano, i polmoni scoppiano, le fiamme arrivano velocemente, troppo. E fanno il loro dovere. Tutte quelle storie in fumo, tutte quelle vite piene di tarli e ceralacca bruciano in pochi attimi mentre la voce di Adeline Körtig soffoca nelle bolle nere del vinile e cola come marmellata sui tappeti persiani, insieme all'olio dei ritratti di corte, alle divise militari, alle medaglie al valore.
Jacek, il ragazzo del ristorante all'angolo ha un fagotto legato in alto con un panno, dentro due piatti c'è uno stufato di carne freddo, se ne sta impalato davanti al negozio di Böhm l'antiquario che brucia come un tizzone, le fiamme hanno sfondato i vetri e piegato l'insegna scritta a mano. Jacek, il ragazzo del ristorante all'angolo Ha fatto tardi anche oggi, per fortuna. 

6
-è il mio nuovo armadio mamma?-
-non esattamente, non è proprio un armadio-
-mmmhh no? Eppure sembra proprio un armadio-
- le cose del mondo non ci appaiono mai veramente come sono finché non cominciamo a smettere di darle per scontate. Vieni Kamila, ti faccio vedere-

Agnieszka si è avvicinata alle ante e ci ha poggiato sopra una mano. Ha aperto l’anta di sinistra mi pare, e dentro era buio pesto, come la pece. Poi ha poggiato la mano sul fondo, e l'ha aperto.