mercoledì, gennaio 27, 2010

la giostra




"Che te ne fai di un temperino?" "ci ammazzerò qualcuno. Intanto, ci intaglio cavalli a dondolo" La risposta le piacque, mi soffiò un sorso di fumo sugli occhi e disse "ci vediamo alle macchinette, verrai ?" Poi raggiunse le sue amiche che scoppiarono a ridere in mezzo alla polvere e ai loro buffi vestiti. Quella notte sognai una muta di cani rossi che schiumavano come cavalli dopo le corse. Mi aspettavano e non potevo muovermi.
Era estate, non ricordo l’anno. Era il primo in cui mi facevo la barba. Passavo il resto del tempo a fare giochi di prestigio con le spighe prese ai margini dell'asfalto. Quelli delle giostre arrivarono in un via vai di carrozzoni da circo. Avevano tutti la pelle scura e strani vestiti a quadri, sembravano gli avanzi delle stoffe nelle buste della caritas. In poche ore montarono le macchine a scontro, i calci in culo, e in una gabbia c'era persino una tizia che davanti ai miei occhi si trasformava in serpente. La fontanella della piazza aveva sempre un secchio sotto, era per un uomo con sei bocche nascosto dietro un telo amaranto.

Dopo cena mi versai addosso mezzo litro di acqua di colonia e mi menai l'uccello nella cesta dei panni sporchi per guadagnare quel poco di quiete che rende i maschi vagamente miopi ed ottusi poco dopo essere venuti. Una mano santa per l’ansia. Anna mi aspettava davanti al chiosco del bar, fumava, io tremavo e diventai un poco più uomo appena dopo la quinta vodka. Le misi la mano intorno alle spalle, mi girava la testa.

Bogdan aveva il nero sotto le unghie e un medaglione in mezzo al petto glabro. Recuperava le macchine a scontro quando il giro finiva, aveva gli occhi celesti e le braccia piene di vene. Anna volle fare un giro, e poi un secondo e un altro ancora. Io guardavo Anna, Anna rideva e guardava Bogdan, Bogdan si aggiustava il pacco. Al quarto giro mi veniva da vomitare e corsi verso il campo coltivato a kleenex e preservativi. Da laggiù, mentre rovesciavo gli occhi all’intietro vedevo le stelle appena oltre i calci in culo. Molto romantico, pensai, e ripresi a vomitare.

Li avevo cercati ovunque. E fu così che vidi anna piegata in mezzo alle gambe di Bogdan dietro il tendone dell’uomo con sei bocche. Mi rivoltai lo stomaco in uno strano miscuglio di gelosia ed eccitazione. E lei, guardandomi, con una ciocca di rame incollata all’angolo della bocca se ne accorse, e rise della mia giovinezza.

A Bogdan non dissi niente. Lui aveva ancora lo zucchero filato in mano e sorrideva tenendo un braccio sulle spalle di Anna, muoveva le labbra come i pupazzi dei ventriloqui. Gli infilai la lama del temperino fino al manico e rimasi dritto nelle scarpe mentre il mago di plastica per poche monete continuava a ripetere l'oroscopo di chiunque, con la voce registrata. Lo zucchero filato si fece mirtillo tra le sue mani e le labbra restarono spalancate in una buffa "O", come i ragazzini quando aspettano di essere imboccati dallo stupore. Il primo uomo che ho ammazzato è morto in ginocchio, davanti a un tizio con un pesce rosso in una busta di plastica.

l'odio nasce sempre dall'amore negato, nei casi più fortunati dalla morte. Il contrario non succede mai, è una legge della fisica, e la morte, non è un opinione. Quella notte sognai una giostra di cavalli a dondolo.

martedì, gennaio 12, 2010

le parole in prestito


Red Nose Studio

Dei libri non sopporto le orecchie alle pagine, e nemmeno le sottolineature. Dei libri mi piacciono i segnalibri. Per la pazienza, e il rispetto. L'odore della carta invece, per l'intimità. Li sfioro appena, li leggo in punta di polpastrelli, come se li dovessi restituire. Le case invece mi piacciono vissute, con i graffi dei giorni e anche un poco di umidità agli angoli in alto, tanto per dire "qui c'è stato qualcuno", o magari c'è ancora. In fondo niente è più romantico che entrare in un appartamento vuoto e trovare il caffè ancora caldo su una macchina del gas lasciata dal tizio che nell'annuncio aveva scritto "semiammobiliata". I libri vanno restituiti, sono di chi li ha scritti. Anche le annotazioni a piè di pagina mi sembrano confidenze eccessive, per un paso doble bisognerebbe almeno aver cenato insieme, prima. I vestiti poi, dovrebbero essere un po' sgualciti, quasi sformati. Il segno delle ginocchia sui pantaloni, per dire, non è una preghiera, ma l'evidenza che anche il velluto ricorda. A certi maglioni di lana facevo cucire delle belle toppe marroni sui gomiti dalla signora del piano di sotto, appena comprati. I libri non si prestano mica, sono di chi li ha scritti. Anche la copertina. C'è gente che compra i libri per la copertina, e altra ancora che intrattiene conversazioni articolate come budelli avendo letto solamente la quarta di copertina, in quelle cene in piedi dove se arrivi tardi trovi solo i rustici con i wurstel e il formaggio stantio. E' per questo che leggo sempre i libri con due o tre anni di ritardo, mi tolgo qualche argomento di conversazione per i salotti dove non vado. I miei libri sono di chi li ha scritti, dovrei restituirli, e prima o poi lo farò.