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Albert Einstein nasce ad Ulm, piccola cittadina tedesca nel 1879, Il giovane Albert sin dalle scuole elementari si mette in luce con una precocissima attitudine per i numeri e la fisica, a 10 anni riusciva a contare il numero di ceci contenuti in un barattolo ,infilandosi contemporaneamente due dita nelle narici come una presa elettrica e a calcolare a mente la radice quadrata di sei, la testimonianza della sua maestra Inga Hoffenmeier ne è la conferma :” Albert era svogliato e distratto, sparava palline di riso con la cannuccia ed attaccava caccole sotto il tavolo fino alla ricreazione e poi, quando gli chiedevo la tabellina del nove mi rispondeva “Un corpo immerso nell’acqua galleggia in modo direttamente proporzionale al proprio coefficiente di stronzismo” per me era un idiota ritardato e se non fosse stato menomato da quei precocissimi baffi bianchi lo avrei bocciato in tronco”. Alle medie vince il premio di Scienze con una ricerca sulla relatività del tempo nei casi di ora legale, dimostrando così che si può arrivare con un ora di ritardo ad un appuntamento pur essendo assolutamente in orario. Al liceo invece sconvolge l’ambiente accademico dimostrando che sette per quattro fa ventotto e poi, davanti ad una attonita e gremita aula magna che una palla di vetro posta su un piano inclinato rotola verso terra, ma il culmine della sua ascesa scolastica lo tocca quando viene espulso per essere stato sorpreso in atteggiamenti compromettenti (onanismo) con un pallottoliere. A 22 anni arriva l’amore vero, si invaghisce e poi sposa Albertha Bhaumann Schoellerburgher, una giovane biologa siciliana che aveva anch’ella precocemente impressionato gli ambienti accademici con un trattato sulla moria delle vacche affette da ansia da mungitura, “La amo…”, scrisse al fratello Otto (che lui affettuosamente chiamava Sedici ndr.) “…e credo che la sposerò, abbiamo gli stessi interessi , come recitare le tabelline prima di andare a dormire o tentare la quadratura del cerchio seduti sulla tazza del gabinetto, inoltre credo che sia un genio, sa cucinare il Gulash bendata”. Nel 1912 la sua carriera è ad una svolta, vince il premio Nobel per la fisica dimostrando cosa succede ad un solido tetraedro durante il singhiozzo e che le moltiplicazioni non servono a niente nel bel mezzo di un alluvione o in assenza di un conto in banca, ma, cosa più importante, che l’elevazione a potenza non fa avere erezioni più toniche.
Durante la guerra, perseguitato dalle leggi razziali naziste e da un Norcino con cui aveva contratto un debito di 70.000 marchi in mostarda e crauti, si rifugia negli Stati Uniti, dove in reazione alla violenza nazista comincia una battaglia pacifica e non violenta, collaborando alla realizzazione della bomba atomica “Sono un pacifista” dichiarò al New Yorker “Ma come diceva mia madre, chi mena per primo mena due volte”. Poco prima di morire, insieme ad altri famosi scienziati come Archimede Pitagorico e Merlino scrive un importante manifesto pacifista contro le armi di distruzione di massa, ma a favore delle mazzafionde e dei cicalini a scossa (ed in un articolo era previsto anche lo sgambetto il martedì grasso). Nel 1950 pubblica un articolo sul moto browniano, riuscendo a dimostrare con una semplice equazione, perché il suo amico Brown non riuscisse a stare fermo nello stesso posto per più di quindici secondi, (il risultato dell’equazione dava sempre zero e tra le parentesi nell’elevazione a potenza si svelava che il povero Brown era affetto dal morbo di Parkinson.) e, cosa molto meno importante, a dimostrare la reale esistenza degli atomi.
Con la teoria della relatività, in oltre dieci anni di studi tenta inutilmente di geometrizzare la fisica, fallendo sistematicamente. La soluzione geniale, la famosa formula (E=mc2), arriva come un colpo d’ala, la moglie Albertha dichiarò dopo la sua morte in una intervista a “Guarnire i Capponi” :” Albert mi lasciò un post it attaccato al frigo che recitava più o meno “Amore mio, sono finiti i Weiss Wustel, passeresti dal Sig. Groodge a comprarli? E non dimenticare i crauti” ma l’nchiostro stinse generando la scritta E=mc2”. Albert Einstein si spense serenamente nel 1955 durante un torneo di spaccaquindici al centro anziani per geni di Princeton, un istante prima di esalare l’ultimo respiro, ci omaggiò del suo estremo lascito, sussurrando all’orecchio del famoso Chimico Fritz h2o :” Fritz, ricorda, più per più, fa meno…”