lunedì, ottobre 08, 2012

supertele




Il supertele andava a vento. Ma costava 500 lire, e se giocavi in un campo di cemento avevi l'illusione di essere come tutti gli altri. Faceva degli strani effetti, parabole assurde, accelerava e rallentava a sua discrezione. Ce n'era una versione blu con i pentagoni neri, inspiegabile per altro, amata solo dagli interisti. A me stava di molto sui coglioni, ma in mancanza d'altro adattarsi a tutto, era d'obbligo.

Il Super Santos era ingannevole, ma c'era già il salto di qualità: Plastica arancione un poco più pesante. Da lontano sembrava un pallone da basket, e da vicino, comunque, continuava a non essere un pallone da calcio. Paolo Bernacchi di porta maggiore, durante un'ora di buco palleggiò ininterrottamente fino all'arrivo di quello di religione, poi spirò con tanto di benedizione. 

Dopo i mondiali dell'ottantadue, un genio inventa il tango. E li cambia il mondo, diventammo tutti fenomeni. Me compreso, che è tutto dire. Anche mia madre, che di lavoro faceva la sarta, prese il vezzo di sfoggiare colpi di tacco e rovesciate improvvise che strappavano applausi a scena aperta a tutto il vicinato. Fu anche fatta una petizione per metterla sulle figurine Panini al posto di Carletto Parola, ma poi non se ne fece più niente. 

A natale del 1987 mi regalarono un pallone di cuoio. Li ho capito che non sarei mai stato un calciatore. Mia madre invece, imperterrita discorreva di tattica con mio padre. Lei credeva nel 4-3-3 lui era un difensivista convinto, finiva quasi sempre a botte, ma come diceva mia madre "non è il risultato, ma lo spettacolo" e mentre lui spiegava, lei gli faceva una rabona sotto al naso e ciao ciao. Finiva a botte, puntualmente. Papà entrava netto sulle caviglie, e mamma si rotolava chiedendo il rosso. Poi giorni di silenzio, ostinato e cucito a mano come certi palloni. E poi, finivano a letto. Io ero di sotto, in un fazzoletto di mattonelle a giocare a battimuro, mentre la sera trascinava ombre da cortile e profumi che mettono fame. A cena, era evidente che aveva vinto il 4-3-3 e non tanto per il sorriso beato di mia madre, ma perché capivo allora, che certi silenzi non sono tattica, ma opportunità.

12 Comments:

Anonymous e.l.e.n.a. said...

mamma zemaniana ?!? :)

mi sono innamorata di questo post dalla parola supertele.
è stato un colpo di fulmine (o di vento, per l'appunto).
bello e non dico altro. ché certi silenzi ...

5:18 PM  
Blogger amanda said...

non ci sono più i palloni di una volta e neanche le strateghe di una volta :)

5:28 PM  
Blogger Mrs Quentin Tarantella said...

ahhh si...
(non dico altro neanche io e non ho l'asma ma sospiro sorridendo)

Applausi

7:11 PM  
Anonymous Anonimo said...

e poi arrivò Sacchi

10:22 PM  
Blogger albafucens said...

bellissimo post, me lo sono gustata dall'inizio alla fine, come fosse una moviola

Un racconto che mi riporta indietro nel tempo... e mi rivedo, bimba, e poi ragazza, un lungo corridoio, seduta su una sedia accanto alla stufa a cherosene che guarda la televisione

grazie :)

8:34 AM  
Blogger hobbs said...

elena: come si fa, a non essere Zemaniani? bacio.

11:23 AM  
Blogger hobbs said...

amanda, si stava meglio quando si stava peggio... :)

11:23 AM  
Blogger hobbs said...

quentin: inchino :9

11:24 AM  
Blogger hobbs said...

plus1gmt: la difesa al potere...

11:24 AM  
Blogger hobbs said...

albafucens, grazie a te...

11:25 AM  
Anonymous e.l.e.n.a. said...

ehmmmm...

(però mi prendo il bacio)

12:33 AM  
Anonymous aitan said...

Di Supersantos ne ho tagliati tanti a metà. E mio fratello, giustamente, se ne aveva a male. Lui li comprava per giocarci a pallone, giustamente; io li tagliavo e li usavo come copricapo, poi mi mettevo in piedi sul tavolo e facevo la benedizione, prima che lui mi si avventasse addosso e io scappavo mantenedomi la mitra arancione in testa.

12:30 PM  

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