giugno '76
mio fratello si chiama Arno, come un fiume italiano, o come un condottiero lappone. Avevamo sandali di cuoio e piccole magliette a righe, andavamo alla curva in fondo alla strada per veder passare Fangio, coperto di farina di polenta. Io e Arno, passavamo i pomeriggi su strade bianche, facendo il verso alle auto, imitando i grandi, il che voleva dire secondo noi, masticare tabacco o menarselo per vedere chi schizzava più lontano, e anche bere vino amaro. L'uva fa schifo qui, qui ci sono solamente gli italiani e i fascisti. Arno poi fece il sindacalista, e li menava i fascisti, ma poi mi diceva di non dire niente a casa. Nostro padre viveva in un angolo, ascoltava una radio di legno con la spina staccata che parlava italiano, e , diceva lui, "ringraziando iddio non passa il tango" . Stava li, con la mano sulla manopola e un dito sulla bocca, aspettando voci da radio londra con la testa inclinata da un lato. Febo, il cane, lo guardava piangere e non capiva, sbadigliando in napoletano, sopra un divano col cellophane. Mia madre invece ingoiava i chicchi del melograno in una colpa sottovoce, la stessa che annusavi sui tram e fuori dalle fabbriche, o dentro le macchine verdi e senza targa che portavano via la gente. Ogni tanto qualcuno spariva, e diventava un ombra, l'alone di un quadro rubato. Io è tutta la vita che aspetto che Arno torni a casa, che l'auto verde accosti e si apra lo sportello, allora mi siedo alla curva in fondo alla strada bianca, e faccio il verso alla vita.
"Tutto questo, o quasi, accadeva molto prima che arrivassero i generali, che Arno diventasse un ricordo, una telefonata attesa per sempre, una lettera mai scritta, molto prima che la picana elettrica cominciasse a suonare, prima che diventasse un nome a caso cantato da un vicino, una milonga"
"Tutto questo, o quasi, accadeva molto prima che arrivassero i generali, che Arno diventasse un ricordo, una telefonata attesa per sempre, una lettera mai scritta, molto prima che la picana elettrica cominciasse a suonare, prima che diventasse un nome a caso cantato da un vicino, una milonga"
24 Comments:
Anche io aspetto Hansel.
E qui non c'è nemmeno un incrocio da sorvegliare. Nemmeno un cane che mi tiene compagnia.
Anche qui portano via la gente e mio fratello aveva gli occhi chiari ed acquosi, i capelli neri e lucidi. Io, invece, con il mio l'apparecchio e i fondi di bottiglia, non piaccio a nessuno. E così la mia bruttezza mi ha scampata.
Ho in tasca il cuore d'oro di Halselmino, lo sento ancora battere.
quell'immagine dell'attesa ti lascia così... con l'amaro in bocca.
Non si può rinunciare all'attesa, sarebbe come rinunciare alla vita.
A volte è meglio vivere d'illusione e ricordo.:)
mi siedo a bordo del fiume ad aspettare.
con te, se vuoi.
ma sto zitta, che devi raccontare.
ebbravo, bravo, bravo! mi manchi.
swan (foglidiparole)
...l'alone di un quadro rubato
(m'inchino, mentre ti linko)
Scusami per questo messaggio forse fuori luogo, non vorrei disturbare ma volevo avvertirti che foglidiparole ha risolto i problemi tecnici ed ha riaperto: ora possiamo scrivere e confrontarci come un tempo.
Caro saluto.
Nadine (Swan)
è uno dei più belli che abbia mai letto qui.
adesso devo pensare a una colonna sonora adeguata. per contrappasso è proprio una milonga, sì, dal ritmo vivace e sostenuto.
(però non so che è la picana)
flounder: Grazie, la picana, è una macchina elettrica fatta con una scatola di legno e dei cavi elettrici collegati ad una dinamo, con cui, i fascisti del regime argentino di Videla torturavano i presunti o veri oppositori, con scariche elettriche violentissime. Questo post racconta di un desaparecido, dell'assenza, del diritto al lutto, di un fratello che avrei potuto avere, o che avrei potuto essere, di loro, che non so, e che spero di non aver offeso in alcun modo...
l'attesa fa gustare di più quello che sarà poi
secondo me la memoria - anche quando non ci appartiene - non può offendere mai.
è sempre una forma di tributo.
freesia: è una attesa infinita poi.
sgnapis: dipende cosa si attende, e per quanto tempo. In questo caso, purtroppo è assolutamente vana.
amelia: è finita qui purtroppo, non c'era più nulla, nessun ritorno. Ma noi scriveremo altre storie, vero?
giosannino: grazie, di molto.
swan: torno presto, torno presto :).
dessd: questa non è una attesa, purtroppo, gli somiglia solo. E' un illusione, travestita da speranza.
flounder: è che certe cose sembrano nostre, sappiamo farle proprie, forse per un bizzarro spirito di immedesimazione tutto umano. Ma poi insomma, scriviamo quel che ci viene in mente, io però le domande me le faccio sempre dopo, chissà perchè...
Le direzioni e le direttive son tutte al proprio posto. È doverle spolverare quotidianamente che annichilisce.
Serena
hobbs io ti leggo
sappi che ti leggo ma non sempre è facile commentarti
cioè le tue parole sono così misurate, così appropriate, così tutto che anche aggiungerne nei commenti è un sacrilegio :-)
didola: non sei la prima persona che mi dice questo, ed ai commenti do il peso che meritano, il giusto. ma sapere che qualcuno legge è gia tantissimo, molto, forse tutto.
Arno ebbe un suo periodo davvero straripante nel 1966.
Pralina
http://superpralinix.splinder.com
pralina: altra storia...
commossa.
perché ci sono storie che per ciascuno di noi sono qualcosa di più di altre. come una seconda pelle.
elena: grazie, che meglio di così non me lo potevi dire.
davvero molto bello...
la speranza che inganna la realtà...
il tempo che anima la vita....
aspetto con te Arno....
dall'altra sponda del Tevere...;)
ti abbraccio
Alpan
alpan: è che la realtà vince sempre, anche come in questo caso, quando riesce ad essere oltre qualsiasi folle immaginazione.
beh, mi associo a didola.
perché il mio link si trova in quella posizione di straforo? non c'avevo fatto caso, non c'avevo.
(oggi sto a guardare più del solito il mio ombelico)
didola: in che senso di straforo?
Posta un commento
<< Home