lunedì, marzo 11, 2013

[pavlov]















Che a me il pianoforte neanche mi piaceva. Mio padre era fissato con la classica, mia madre era fissata con mio padre, e io ero fottuto. A dodici anni suonavo già come Sergej Vasil'evič Rachmaninov, e il tizio che mi spacca le mani 5 pomeriggi a settimana vuole farmi fare un concorso internazionale. Una volta lo sento parlare con mio padre, di la, e gli dice una cosa tipo "Suo figlio è un fenomeno". Allora dico che il pianoforte mi fa schifo, e mia madre per farmi stare buono mi ingozza di cioccolata. Come i premi per i cani sapete, ogni scala perfetta, mi cacciano in gola qualcosa. A diciotto anni non entro più nello sgabello del pianoforte, ma le dita volano, e vomito pensando che il talento io, non l'ho chiesto mica. Poi un pomeriggio all'uscita della lezione incontro Pavlov. Pavlov suona il violoncello e ha la bocca sporca di cioccolata anche lui, e allora capisco. Niente unisce di più di una protesta silenziosa come uno sguardo complice. A luglio due settimane prima di un concerto, mentre trema, bacio Pavlov sulle labbra e metto la mano sulla tavola di legno. Poi, faccio di si con la testa. "Ti amo" dice, "Anch'io" e tira giù il mattone mentre piange. Ora ho 45 anni e suono Jazz nei locali, la sera. Che per Rachmaninov non c'ho più le mani. Il jazz mi fa schifo, ma se sai fare una cosa sola, e lo scopri quando è troppo tardi, ti tocca far finta che ti piaccia e farla lo stesso e se sei abbastanza convincente, finisce che ti credono tutti. Ma a guardar bene, te ne accorgi sempre. Essere uno schiavo, è avere la bocca sporca di cioccolata.

5 Comments:

Blogger amanda said...

questa cioccolata è pura al 100%, salata nel retrogusto

7:24 PM  
Anonymous aitan said...

sono sporchi di cioccolata anche i baci...

7:00 PM  
Anonymous Anonimo said...

Caspita, ma la cioccolata e' una delizia! Diventa cattiva solo se la si lascia scadere... e di tempo ne deve passare! Bisognerebbe leccarsi i baffi, godersi la pancia piena e lasciare che gli altri si possano godere il tuo talento ... senza pensare alla scadenza.
Provare a scaldarsi le mani, in una giornata fredda...con una tazza di cioccolata?
Lasciamo che le cose dolci rimangano tali!...non ne restano tante.
Sono preziose, anche nei ricordi.

12:21 AM  
Blogger albafucens said...

Un racconto denso dove il cioccolato, forse chissà??? non del tutto casualmente... essendo considerato "il cibo degli Dei", e quindi degli eletti, diviene così il filo conduttore di un’emozionante, originale, intensa, storia di vita.

Mi colpisce in particolare,
"... ha la bocca sporca di cioccolata anche lui, e allora capisco."
c’è di tutto, e di più, in questa sola frase.

Leggendo poi, mi è venuta in mente una frase, che ho letto una volta e penso ben si adatti a questo tuo scritto:

"Il cioccolato è materia viva, ha il suo linguaggio interiore. Solo quando si sente oggetto di intima attenzione, e solo allora, esso cessa di ammaliar la gola e si mette a dialogare con i sensi." (Alexander Von Humboldt)

e poi parafrasando...

“[Il talento] è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa ti capita.“ da Forrest Gump

E il tuo talento in questo testo, anche se graffia un po’, proprio come succede a volte con la cioccolata, che si attacca a volte alla gola, quando è particolarmente pura, si assapora ed è altresì innegabilmente genuino.

12:59 PM  
Anonymous Anonimo said...

Jazz e cioccolata..un bel mix...
.-)

8:57 AM  

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