prestazione straordinaria
Jack Vettriano
Il fiato speso per arrivare al quinto piano della pensione di via Veroli, s'era strozzato in gola poco dopo la porta, oltre la tenda fatta con le perline di plastica, con l'aria satura di incenso per tentare di coprire i respiri degli altri. De simone, sul pianerottolo, gli aveva fatto strada. Erano abbracciatai. Uno di fronte all'altra, con gli occhi negli occhi per sempre. In mezzo al lenzuolo il fiore rosso a tre punte cambiava forma con il passare dei minuti, diventando più grande e più scuro. "Commisà, gli hanno sparato non più di sei ore fa, probabilmente nel sonno, poveracci. La cosa strana è che, insomma, questa qui è una prostituta. Il proprietario della pensione dice che abita qui da tre anni, e che lui veniva tutti i mercoledì da almeno sei mesi, e pagava per stare tutta la notte. Ma insomma, li guardi, non sembra un cliente" " E quindi? che vuoi dire De Simone?" "E quindi lei conosce qualcuno che se ferma a dormì dopo? La gente de solito scappa pure quannno nun paga, figuramose dopo..."
Erano belli, di una bellezza che avrebbe fatto fatica a spiegare. Tozzi si portò appresso quell'abbraccio per tutta la giornata, anche mentre parlava con Alcide Rosati, proprietario della pensione "Aurora". "Signor commissario, che vuole che le dica, non era un cliente come tanti, arrivava sempre con dei fiori freschi, e ben vestito, e diceva buon giorno anche..”. Rosaria Mancuso in arte “Tamara” parlava guardando tozzi riflesso nello specchio, aggiustandosi il rossetto con la punta di un dito “Maria diceva che era matto, pulito, e che le lasciava delle gran mance, ma di più non mi ha detto. A volte, si innamorano di noi puttane. Io, ne ho visti tanti. Una volta uno che conoscevo voleva sposarni, ed è finito a spararsi in una discarica a Fregene poveraccio. Qualcuno paga solo per parlare, altri non parlano per niente. E sono i migliori, quelli.
Si chiamava Maria Scaglia, era venuta a Roma alla fine degli anni sessanta dalla sicilia e aveva provato a fare la modella. Il resto ve lo potete pure immaginare. Nella stanza c'erano poche cose. Tozzi trovò un' agenda con qualche numero di telefono, un armadio con delle brutte foto sulle ante e alcuni vestiti. Uno da suora, uno da infermiera, un altro di pelle rossa. Poi alcuni boa di piume. Dentro al comodino c'erano preservativi e vibratori di varie misure, soldi, un frustino di cuoio. Poi, dentro una scatola rossa, in mezzo ad alcune foto con i bordi mangiati in posa da diva, cera un suo ritratto a matita incorniciato. La dedica, poco sopra la firma diceva "Tutto il tempo che non ho passato a disegnarti, è stato tempo perso. Andrea"
Andrea Tebaldi disegnava fumetti. Aveva inziato a vent'anni illustrando roba pornografica, come tutti. Poi, fino al giorno prima di morire, aveva curato una collana western intitolata "Minnesota Ranger". Nelle Tasche della giacca aveva trovato un portafogli di pelle nera con quaranatamila lire dentro, una carta di identità sgualcita. Aveva 38 anni. Era sposato. Nella tasca interna una piccola agendina rossa, scritta a matita con una calligrafia sghemba, un diario. L'ultima pagina segnava la data del 12.11.1977. Sei mesi prima. Tozzi la lesse in silenzio, poi la richiuse e con la stessa cura con cui avrebbe potuto maneggiare un papavero, la aggiunse ai reperti in una piccola busta di plastica trasparente. E uscì. A Tozzi, non piacevano i fumetti.
La signora Tebaldi si era seduta con la borsa poggiata sulle gambe, Tozzi aveva fatto cenno a de simone di chiudere la porta e di levarsi dalle palle, scendere al bar Airoldi e tornare con due caffè ristretti. Paola Tebaldi aveva fatto tintinnare la tazzina del caffè contro il piattino. Poi aveva preso fiato e poi aveva detto:
"Il foglietto che avevo trovato nel portafogli diceva "Pensione Aurora, Via Veroli 69, stanza 23 “ Io a mio marito lo amavo. Lui passava il suo tempo tra quei personaggi buffi, grandi nasi, grandi orecchie, grandi tette. Ero gelosa, anche di questo. Della sua distrazione. Ogni tanto, arrivava sorridendo con un foglio in mano e mi diceva "Questo e Zippo, o Benny, oppure questa è Marla. Poi, ridendo, faceva le loro voci mimava i loro gesti, con la matita appoggiata sopra l'orecchio, come i salumieri. Io a mio marito lo amavo commissario. Ma ho passato metà della vita a dargli le spalle. A volte, si ama per abitudine. Quando ho trovato il ritratto di Maria tra quelli di Benny e Zippo, non ho visto grandi tette, grandi nasi o grandi orecchie. Ho visto gli occhi cerchiati, i denti irregolari, e ho capito che non era Marla, o Wanda. Ho capito che a me il ritratto non me lo aveva fatto mai. Ho capito che il turno del mercoledì alla casa editrice era una canzone. Ho capito quando l'ho visto entrare con il mazzo di fiori in mano, vestito bene. E mi sono sentita morire, dentro quella macchina, all'angolo della strada. Avrei voluto dirglielo che lo amavo, con il tergicristallo rotto, i vetri appannati e la pistola in tasca. Quando sono entrata nella camera 23, erano li, abbracciati nel sonno. Sono rimasta a guardarli in silenzio. Erano così belli nella penombra di quella squallida stanza, sembravano così innamorati uno di fronte all'altra. Belli come noi non eravamo stati mai . Perché nel letto, io, ho dormito dandogli la schiena per tutta la vita. Poi ho tirato fuori la pistola, quella che aveva comprato di nascosto per disegnare meglio i suoi cow boys. Io li odio i fumetti, commissario.”
De Simone l'aveva accompagnata fuori dalla stanza, per il Verbale. Tozzi aveva fissato la foto sopra la scrivania. Camilla aveva un vestito a fiori e salutava in mezzo al rame dei capelli, per sempre. Aveva alzato la cornetta e composto il numero, poi aveva riattaccato. Lesse ancora una volta l'ultima pagina del diario di Tebaldi, infilò il cappotto e uscì dall'ufficio. Scese all'edicola di via Prassede, e comprò l'ultimo numero di Minnesota Ranger.
12.11.1977
Il fatto è, che è la prima volta. Io non l'ho mai fatto. Mai con qualcuno che ha le ciglia finte comunque, né in una stanza rosa. Non lo so che faccia hai dietro quella bocca rossa, sotto quella polvere da farfalla. Tu, potresti essere chiunque, potrei immaginare questo, sei chiunque, un ricordo, un ricordo con un boa rosso intorno al collo segnato, il respiro di tabacco e le ombre scure dei capezzoli dietro una seta da teatro. Ecco, sei un ricordo con le unghie di lacca e una voce di saliva. Io sto ancora in piedi, in una luce da primo atto, con il cappotto tra le braccia a guardare il letto. Il letto degli altri, quelli, prima di me, quelli dopo, avrai il loro respiro, il loro sapore. Con quanti nomi ti hanno chiamata, a quante hai rubato la voce, mimato i gesti. Mi togli il cappotto, e mi chiedi con una voce in prestito, mentre conti i soldi “cosa ti piace?”. Ti fermo le mani sui bottoni “non ti pago per scopare, ne per fingere di venire, per quello, basta mia moglie” “allora, perché ?”. E' la prima volta, non l'ho mai fatto, mai con qualcuno che tenesse la luce accesa e un cazzo di gomma sul comodino. Non l'ho mai fatto con un ricordo. “Ti pago per fingere di amarmi”.
32 Comments:
l'ultima tavola della storia l'ha disegnata sua moglie. la firma è al centro, una macchia rossa che si espande piano piano e che, come per osmosi, dissangua per sempre anche lei.
prendo a prestito.
questo racconto è bello, di una bellezza che faccio fatica a spiegare
Al solito mi fai fermare, mentre leggo (al solito) spero in un colpo di coda, una sorpresa (un lieto fine)...
Ma sei tu...(amaro)
Ma mi fermo sempre.
Mrs QT
Un racconto ben disegnato in ogni linea e in ogni curvatura.
(Il giallo ti dona.)
sarà che per le prostitute ho sempre avuto un debole, una curiosità morbosa, sarà che le storie che nn sn a lieto fine mi piacciono sempre di più perchè mi fanno sentire viva e nn di rosa vestita come fossi una bambola da collezione.
sarà che mi piace da impazzire l'immagine, le tue parole, e i tuoi dettagli, il tuo timbro, la firma di ADN in ogni singola lettera, parola, frase, pungeggiatura.
sarà che mi piace come riesci a farmi sentire... come riesco ad entrare nelle tue storie e a sentirle mie...
sei un genio caro mio
Silvia/niobe
ll dramma è più grande della storia; molti di noi, troppo spesso e anche senza sciverlo su un diario, in un modo o nell'altro pagano gli altri per fingere di essere amati.
provo a voltare pagina. A guardare non quella non scritta prima, ma quella che non scriverò dopo. attraverso il fiore di cactus sul mio balcone, che mi fa ben sperare di non dover fingere, e di non dover pagare, prima o poi.
elena: lei almeno non ha letto il diario. e forse è meglio così...(arrosii, grazie di cuore)
aitan: (grazie..) la cosa strana è che non so come ci sono arrivato a scrivere di queste cose. forse nei gialli la morte trova una sua ragione. abbiamo bisogno del movente, per giustificare qualcosa di così insensato, credo.
niobe: questo non è un commento, ma una dichiarazione d'amore, qualcuno penserà che sei mia moglie, o sul mio libro paga... :)
p.s.
non sono un genio purtroppo, diciamo che combatto una battaglia quotidiana contro la mia idiozia. ma la perdo quasi sempre, mi consolo quindi con la consapevolezza dei miei limiti e con il cibo, come lei sa.
un abbraccio.
H.
lila: il mondo è strano. la maggior parte delle persone sta insieme per motivi inquietanti: per campare, per sopravvivere, per paura, per il terrore della solitudine, per interesse persino. tutto tempo sprecato, tempo che avrebbe dovuto essere usato per cercare una persona diversa.
p.s.
annaffia spesso i tuoi fiori, allora. bacio.
H.
allora fughiamo ogni dubbio Mr Hobbs...
nn sn sua moglie e nn sono sul suo libro paga, sn semplicemente una grande estimatrice del suo ENORME talento... con buona pace di LEI MR HOBBS che nn capisce una cippa e ostina a dichiararsi Idiota...
ah se tutti gli idioti fossero come lei...che bel mondo sarebbe
baciii
ps: il cibo gratifica tutti :D
niobe
una cosa sola "WOW"!!!
letto tutto di un fiato!!!!
niobe: ma siamo quasi parenti. c'è conflitto d'interesse.
marco dale: benvenuto, e grazie.
che si sappia:
"Tutto il tempo che non ho passato a disegnarti, è stato tempo perso"
è la più bella dichiarazione d'amore mai scritta.
devo averlo detto per altre tue frasi, ma sono volubile, si sa.
giò: l'ho pensato per una persona, ma non gliel'ho mai detto. per fortuna.
non sono una grande estimatrice della lettura del pensiero, quindi non approvo. ma se tu dici che è stata una fortuna ci credo.
giò: ho incominciato a scrivere per impedirmi di dire certe stronzate a chicchessia...
"Belli come noi non eravamo stati mai . Perché nel letto, io, ho dormito dandogli la schiena per tutta la vita."
ma quanto bella è questa frase... e chissà per quanti vera...
leggevo i commenti, sai.. e a parte rischiare di affogare il cactus, (passo con entusiasmo da un estremo all'altro) non vorrei infilarmi in una conversazione privata.. ma mi colpisce l'affermazione dello scrivere per non dire stronzate a chicchessia... è il motivo per cui a volte penso che non vorrei scrivere più. Poi mi guardo allo specchio, e penso che si possano fare entrambe le cose. Sempre con l'idea di smettere di pagare, prima o poi. Dicendo o meglio, facendo la cosa giusta, nel suo tempo perfetto.
zia cassie: spero per pochi, temo per molti...
lila: in fondo è così. è come salvare parole amate in un posto dove non verranno tradite o svilite, dove senbrano trovare una loro ragione, un senso "altro", per sempre. sui motivi per cui si scrive però, lo ammetto, so così poco che per capirlo non posso far altro che continuare...
hai qualcuno che annaffia per te, durante l'estate? :)
hai ragione, sai. Continuare a scrivere, o non scrivere... continuare insomma finchè non si capisce..
e a scrivere qui, nello spazio di salvataggio delle persone e delle parole mi pare, ma potrei sbagliare ;) , che devi esserti fatto parecchio male in passato...
qunato alle piante sto provando a convincerle a cavarsela col mio ricordo, per l'estate. tanto non starò via a lungo :D
infinite vite parallele generano infinite storie, reali o solo immaginate. Grazie dell'opportunità che mi hai dato di dare una sbirciata ai tuoi sogni, alle tue storie...
Capisco il senso liberatorio di svuotarsi delle parole che nascono nella mente, disegnando vite e fatti nuovi. A me capita solo -banalmente, non sto neanche a dire perchè- quando sto male, spero non sia lo stesso per te!
Ciao.
Vorrei scrivere come te, da grande...
Questo racconto è struggente più del solito, lo devo ripubblicare da me necessariamente.
Peccato per alcuni refusi, spero che non ti arrabbierai se li correggo nella copiatura.
Sei una perla rara. Inutile far finta di niente.
Io mi sono rassegnato. :-))
Alessandro
Il racconto è bellissimo, come sempre i tuoi, che hanno la potenza dei film in bianco e nero. Ma quelli fatti bene, d'autore. Ma è sui commenti che vorrei soffermarmi, soprattutto sulla tua affermazione che scrivi, per non sprecare frasi con chicchessia. Affermazione molto interessante e che condivido. A volte sentimenti e sensazioni si accavallano e si vorrebbe condividerli, ma non si può, non con chiunque almeno. Allora ecco che la scrittura arriva in soccorso e permette di dire davvero a chiunque ciò che si ha dentro, ma con assoluzione di responsabilità: non si sceglie, non ci si assume colpe in caso di errore. E' colui che legge che dovrà capire, se capirà, altrimenti altro giro, altro regalo. Senza perderci il sonno.
Concordo che non si dovrebbe sprecare tempo con le persone "sbagliate". Ma è una scelta difficile a volte da gestire, molto. Un abbraccio.
Sgnà
se tu gli dai la schiena ma lui non te la da, non tutto è perduto
:-)
stasera mi sono fatta un bel regalo
la lettura del tuo racconto
lila: me ne sono fatto, me ne hanno fatto, e credo di averne fatto anche io. poi ho anche passato molto tempo, a cercare di capire se la colpa di amare chi non si ha, sia così grave da giustificare tanto dolore. poi ho anche scoperto che alcuni di noi sentimenti come il dolore,l'angoscia la rabbia, li alimentano, li coccolano, li cullano perché ne hanno bisogno. e allora verrò ad annaffiarti io le piante, nella speranza che cose come questa non ti succedano mai, non te lo meriti.
smash: anche scrivere è banale, come pure la vita. il resto è un tentativo affannoso di renderla migliore di quanto non sia, sognando, fantasticando, cercando parole o segni che abbiano un suono degno dell'ascolto anche del primo passante. perché se qualcuno ascolta non siamo più soli. e cosa c'è di più banale della paura della solitudine?
p.s.
benvenuta/o
blualessandro: onoratissimo, per tutto (anche per la correzione dei refusi..) un abbraccio di fine estate.
silvia: come dico sempre, possiamo (o potremmo) accontentarci di qualsiasi cosa: dell'auto, della casa, dei vestiti, persino del lavoro. ma dei rapporti umani, sotto qualsiasi forma invece no. abbiamo il dovere di scegliere il meglio per noi, quello che è giusto. è l'unica vera forma di liberta che riconosco all'essere umano, ed è per questo che trovo assolutamente folli e incomprensibili certe "prigioni affettive". i rapporti umani sono un dono del cielo, le patologie lo sono solo per gli analisti.
sempre onorato e felice di averti qui,
H.
didola: vero... :) il regalo, come sempre, me lo hai fatto tu leggendomi, e lasciando un segno del tuo passaggio, grazie di cuore.
quello che hai compreso, e che scrivi, sono cose sagge e meravigliose...e poi mi hai commosso.
credo di aver sofferto anche io, e sto cercando di sentire che quella sofferenza è vecchia, e il ricordo di aver sofferto non è la soferenza. Al lmite una esperienza da cui vorrei non farmi limitare, come ho fatto...
è vero, non lo merito...forse non più almeno, e non ne ho più bisogno di questo modus vivendi.
Le mie piante allora ti aspettano!
:)
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