souvenir
il porto di Arraja è a due passi dalla casa color pesco. Uno schizzo di malta e stucco in mezzo alle scatole dei pescatori. La mattina mi lavo i denti con il naso incrostato di sale e con il sapore della nafta delle baleniere. C'è un mondo, poco oltre il molo, che si arruffa per pochi pezzi di ferro ad ammazzare cetacei incrostati di plancton. Passo le mie giornate a guardare, e ti guardo per noia ondeggiare tra i banchi di aragoste vive al mercato del porto. Il tuo culo è enorme e bianco, coda di balena, eppure nuoti con la grazia di chi ha le dita palmate. Cicero Argante, puzza di interiora di pesce ed ha il camice e le galosce gialle, bagna i pesci ancora vivi con un tubo di gomma, tu li guardi respirare la morte e domandi quant'è, lui, ti chiede se vuoi il capitone e poi si alliscia un baffo di stoppa con il cerume delle orecchie e sorride giallo. Te ridi tintinnando le collane di gusci di paguro sul petto, e poi passi al banco della frutta. L' isola è piccola, per girarla tutta con la mia auto ci vogliono 25 minuti, a piedi, mentre sudo grasso di balena, poco meno di due giri d'orologio. E' un mondo finito questo, una scatola di sassi e relitti d'auto alla deriva, con un cielo basso che sembra una curva di vetro. Passo buona parte del giorno a farmi la doccia e ad annusare le camicie piene di sale e acqua. Il sale ti resta addosso, nei polmoni, nelle branchie. Verso sera appoggio l'orecchio su una conchiglia e spero di sentirci dentro il traffico, un colpo di clacson, le voci di un bar, il tuo ultimo messaggio in segreteria. Il battello per il continente parte alle sette, ogni settimana, il mercoledì. E come ogni mercoledì ho fatto la valigia, aspetto con i piedi scalzi nel cemento del molo, aspetto l'attracco, aspetto quello che so già che accadrà. Quel silenzio ovattato e grigio, come sempre improvviso, quel sospiro freddo alla nuca, schiena di gatto. E poi eccola, come ogni mercoledì, il miracolo che si ripete, la mia prigione. La neve.
31 Comments:
claustrofobico.
isola/isolamento. benché ami il mare a dismisura, neppure a lui permetto un abbraccio troppo stretto.
ecco: m'hai fatto mancare l'aria come se, al posto dei polmoni, avessi branchie. e sale, sale ad ostruire le narici.
biancanera: qualcuno tempo fa mi parlò della "sindrome dell'isola". E questa estate io stesso ne ho fatto le spese. Avere a che fare con uno spazio finito, benchè inserito in un contesto aperto, può avere controindicazioni curiose, ansiogene. Poi ho anche pensato alla storia di un uomo che non sa partire, e non ho mai capito bene se questo ha ha che vedere con la paura del viaggio, o del ritorno. ci tornerò su prima o poi.
difatti: sindrome dell'isola.
mi pregio di soffrirne amabilmente.
sulla paura del viaggio o del ritorno, potrei scrivere un saggio.
ma sarebbe come darsi la zappa sopra ai piedi, credo.
biancanera
bello bello.
[ma allora non ce ne andiamo a ustica iettè, cicci cicci? :-D]
a volte ho la sensazione di essere a "casa" solo quando sono su un'isola.. uno spazio piccolo e finito mi fa sentire più protetta, come quando da piccoli ci si rifugia in un cantuccio e ci si sente al sicuro.
si percepisce l'odore delle parole in questo racconto.. in particolare di quella salsedine che si insinua in ogni cosa, anche nella mente. davvero bello.
flounder: :) dipende, quanti giorni?
amoilmare: è l'idea di non potere andare quando vuoi tu. E' come essere tenuti per la maglia. Tutto quello spazio da condividere con l'attesa, e quando il momento passa, anche la partenza perde di significato. Ricordo che per non sentire la salsedine nei panni, li lasciavo al sole per ore e li indossavo bollenti...
mo' parlando seriamente, prima ci potevo stare due giorni e mezzo. allo scoccare del terzo ero già esaurita.
adesso tengo bene una settimana, anche otto giorni.
credo dipenda dall'età e dalla diminuita irrequietezza. arrivo addorittura a sentirmi protetta dall'isoletta.
le eolie, le eolie, voglio andare alle eolie.
flò: quest'anno ho fatto 3, dico 3 settimane, e non succedeva dalle scuole medie. alla terza settimana sono stato preda di allucinazioni a sfondo "narinaro" in una parlavo con il protagonista de il "vecchio e il mare" e cercavo di convincerlo ad utilizzare bombe di profondità per la caccia al narvalo, nella seconda venivo preso su una baleniera come mozzo del ponte lance. quest'anno vado in campagna a farmi dissanguare dalle sarapiche.
vi pare cosa che mi dovete mettere addosso la voglia di mare e di isola. mo voglio veni' pure io sull'isola e pazienza per la claustrofobia.
freesia: allora non è abbastanza claustrofobico sto post!
Hobbs, guarda, a volte se io avessi un tuo contatto ti manderei una mail. Che non so perché ci pensavo stamattina mentre guidavo dentro un scroscio di grandine a visibilità zero. No, così. Sarà che la neve è silenziosa e la grandine fa tanto rumore.
zaritmac: si, la neve è sorda, vero.
fa quasi vuoto irreale. Io dormo sotto un lucernaio, e quando grandina o piove, come stanotte, mi diverto a battere il tempo, con gli occhi chiusi.
p.s.
niccolai@immaginaria.it
Ciao Hobbs,
ma tu voti Alemanno o Rutelli?
: )))
blu: chi è alemanno?
della bellezza di questo pezzo non so dirne.
lo si ascolta e lo si vede.
e ogni volta è ancora più bello.
ieri ho perso la nave un'altra volta. credo di averlo fatto apposta, credo.
misiasays
elena: grazie, hai gonfiato il mio ego con l'elio stamattina, adesso me ne volo via e guardo Roma dall'alto...
misiasays: ecco qui mettiamo un punto di domanda, ovvero: il nostro amico (e pure tu) non parte perchè non può, (davvero è dentro una palla di vetro?) o perchè non vuole? le gabbie peggiori sono quelle senza sbarre, sopratutto perchè non hanno la chiave....
le gabbie peggiori sono quelle che non si vedono, sì. al nostro amico, forse, piace immaginare di non essere libero per non aver paura della sua immensa libertà. ma ci saranno sempre le sette di un mercoledì in ogni settimana. quindi...
misiasays seduta al tavolino di un piccolo bar sul molo che sorride, fuma e beve una birra (chiara doppio malto, grazie).
p.s. se permetti qua ci si mette comodi sulle tue fantasie :)
misiasays: si accomodi, si accomodi :) si, e lui continuerà ad arrivare alle sette e dieci. Ecco, ora apro un capitolo che forse non c'entra una cippa, ma secondo me il ritardo è un margine di tempo che ci lasciamo per salvarci la pelle in situazioni di cui non siamo convinti. Diciamo che diamo una spintarella al caso...
io sotto un lucernaio, in piedi ai piedi di una scala improbabile, ho visto cadere la pioggia che sembrava lacrime e sillabe di cielo scritte al rovescio sul vetro. Il meccanismo automatico si è chiuso e il mondo che scricchiolava fuori per dirmi qualcosa d'improvviso è diventato muto. A Ischia, a Ischia c'era una finestra ai piedi del tetto e io, accoccolata ai piedi del letto, aspettavo l'attimo magico e breve in cui sarebbe passata in quello specchio quadrato la luna, per mandare un bacio in Messico a un uomo che non sarebbe tornato. Da oggi, da oggi vorrei vivere in una casa che sia solo un immenso terrazzo, senza le gabbie dei muri o le sbarre di una cornice d'imposte che ostacolano lo sguardo e rendono duro vedere, spiegare, capire.
Sono convinta che in un'isola ci vivrei benissimo ...
mi hai fatto ricordare la piccola Flò :)
Un bacio
Asia
asia: tu, in un isola? ma va là... :)
rita: mi hai fatto pensare alle eclissi di sole "spiate" nel secchio d'acqua nel cortile della scuola. Il cielo sembrava così vicino da poterci infilare il dito dentro, e poi leccarlo, il cono d'ombra è un gelato.
ecco io ci ho pensato. l ritardo secondo me è "volontario" (a volte, e per lo più inconsciamente) quando si desidera essere in due posti in contemporanea: lì dove si è fisicamente e là dove si è attesi. che ad attenderci sia una nave o una persona, forse, fa lo stesso. è come voler vivere due possibilità, o anche di più. io ogni tanto arrivo in anticipo, ma la "teoria" vale lo stesso secondo me. mentre aspetto, vivo comunque un momento "alternativo" alla ragione per cui sono lì. continuo a pensarci eh. buonanotte :) misiasays che non c'ha sonno.
vorrei dire che sono gelosissima che adesso c'è la tua mail qui e tutte le signorine ti scriveranno per dirti che sei bello bellissimo.
ecco.
gelosissima.
e non provare a schermirti.
misiasays: ma si, mi piace. Quasi un atto di libertà, come a dire "vi voglio bene, mi fa piacere stare con voi, e anche il posto che avete scelto mi piace, e vi raggiungerò persino, ma solo quando cazzo decido io!" :)
p.s.
aspetti "fuori orario" con ghezzi, o le lezioni di algebra su rai 2?
flounder: non ci provo affatto, e rilancio anzi, anche perchè ormai è chiaro che preferisci altri lidi, te, ami un altro. E non provare a negarlo.
non ti permettere proprio.
mo' solo perché per un tot di giorni sto semisloggata e non leggo e non commento, subito si grida al tradimento del blogghèr preferito.
al massimo mi sarò fatta distrarre un attimo - non più d'uno - da qualche ballerino di tango en passant. c'è conflitto di interessi?
(ti tengo come pensiero fisso con Snow White, tra le altre cose. sappilo.)
flounder: si sappia (e sappilo anche tu) che il tradimento del bloggher preferito, è una delle cose che procura più gelosia in assoluto, e orticaria, febbre asinina e psoriasi al gomito, dato che non puoi arrivarci per morderlo. Tu hai un altro bloggher, io lo so. Ma dignitosamente ingoio e scrivo. sob!
no, no, no. te lo giuro. te lo giuro sul mio tag "prima di dormire", che è quello cui tengo più di tutti.
un altro bloggher non ce l'ho e non lo voglio.
mai.
al massimo posso accettare l'idea di un fidanzato in carne ed ossa, senza un blog e magari con la motocicletta.
ma non ti tradirei mai per un altro blog di racconti. :-D
(invece ho un problema serissimo: mia figlia si è inamorata di un compagnuccio che ha la stoffa del futuro blogghèr. le manda i post sottobanco e pretende che lei li commenti. comm'aggia fa?)
flounder: menti sapendo di mentire! un vero blogger geloso, uno che si rispetti, quando è colto da vero raptus segue la blogger fedifraga per ogni dove, raccogliendo prove e tracce, o addirittura assumendo un investigatore privato. Io ci ho le prove ecco, e tu menti.
p.s.
fagli lasciare commenti anonimi. Ma sappilo, è un processo irreversibile, come dare le chiavi di casa, o aspettare che rientri dalla festa mangiandosi le unghie fino all'avambraccio...
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