Bonnie & Claudio
il prete non lo conoscevo , anche per questo mi riuscì facile farlo fuori, anche per dirgli, gazza ladra , che Dio non esiste "dimmelo ora, che hai il ferro appoggiato sul lato del crocifisso, dimmelo che Dio esiste, dimmelo con la tua fede di latta nella bocca". Poi, ricordo solo la chiesa piena di corvi, mangiammo melagrane con chicchi di rosario. Non ricordo l'inizio , andavamo in Spagna mi pare, a Tarragona forse. Tu avevi una macchina senza tetto e io tenevo sulle ginocchia uno strano gatto di lana di vetro, accarezzato contropelo. Non avevo dovuto fare niente, ti eri inginocchiata su quel pomeriggio così, tirandoti una ciocca di rame dietro l'orecchio. Avevi affogato tua madre nella vasca da bagno dove teneva a mollo le foglie del tabacco, era tornata a galla per qualche secondo, come una maschera nel fango, poi, con un dito l'avevi spinta sotto di nuovo. Mi chiamavi compagno ed eri capace di fare cose incredibili con il culo, però, non portavi anelli. Eravamo partiti a mezzogiorno perché a mezzogiorno c'è polvere, l'ideale per scappare. Avevamo caricato una puttana dalle ombre lunghe proprio vicino al mare, ci eravamo chiusi in un chiosco abbandonato con la sabbia che scricchiolava sotto le scarpe, lei si nascondeva i soldi tra i capelli e io la pettinavo, poi le dissi "t'amo come un cane". Tu guardavi e sorridevi con gli occhi dietro al rame, anche mentre l'ammazzavo e le cantavo in un orecchio "dimmelo ora, ora che hai la lama sul lato del portafogli, che l'amore esiste, dimmelo senza lingua". Alla stazione di servizio tradii un amico, rubando cioccolato, tabacco e pistole giocattolo, lui rimase seduto nella veranda dondolando un poco con un fiore rosso in mezzo al petto e un fucile col calcio di legno appoggiato sulle gambe, con la faccia stupita di chi ha tra i denti un perchè o una spiga di grano, e cantai "dimmelo ora, tra le cicale e le sirene, dimmelo in un orecchio che t'ho voluto bene, dimmelo con i pugni e la bocca pieni di mosche". All'ufficio postale di Alicante dissi all'uomo col polsino nero di alzare le braccia mentre tu gli puntavi contro un dito carico di promesse. Prendemmo le buste di carta di riso, cambiammo gli indirizzi e la calligrafia, poi le spedimmo davanti ai fucili spianati, a un tradimento, ai pezzi di vetro, al sangue sul cruscotto, al cigolio dei denti, alle stelle di latta accecanti, ai tuoi fili di rame impigliati negli orecchini, alle lettere al vento, rubate, come due ladri.
"mi rubi tutti gli sguardi, e mai che me ne restituissi uno"
tua,
Bonnie
9 Comments:
Strepitosamente bello; una scrittura impeccabile, di quella tua che più amo.
Mi mancavi, Hobbs.
Rita: strepitosamente grazie, per la generosità e l'affetto anche...
"manchiamoci" allora, purché la cosa ci renda produttivi... :)
davvero. Bello. Mi ha trascinato nella polvere della fuga, del vento che si porta ogni cosa, d'un dondolio di fiori rossi sul petto.
Per gli sguardi rubati, e quelle parole che non si posssono più dire, grazie.
Quoto Rita.
(Poi quoto te su http://aitan.tumblr.com/)
lila: non ho messo le cicale, mi sa, che ci stavano un gran bene... :)
ma grazie a te.
aitan: e se lo dice rita... :)
grazie per l'onore che mi fai...
La finisci di farmi arrossire?! :-)
Perché son tutti fermi, i blog che amo?
Sembra di girare in un paese fantasma, entrare nelle case vuote e silenziose annusando la persistenza degli odori che ho amato e in alto un filo di fumo; nient'altro.
Un bacio, Hobbs.
rita: eppure siamo qui... :)
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